8-11 settembre 2005
1. Il Campo si è riunito proseguendo la ricerca intorno al tema della predicazione, iniziata nei campi del 2003 e del 2004, nella convinzione che questo argomento resti centrale per la vita delle nostre chiese. Il campo si è giovato di tre relazioni: una di Silvana Nitti e due di Sergio Rostagno.
2. Il Campo ha approfondito il rapporto tra Evangelo ed etica, denunciando uno sbilanciamento nella predicazione delle nostre chiese verso il secondo termine; ciò era già stato messo in evidenza nel Campo Teologico del 2004, nel cui documento finale, al punto 11, si legge:
“La proposta della nostra predicazione spesso si risolve in una proposta etica, mentre occorrerebbe un forte richiamo […] ad una fede veramente vissuta in ogni momento della vita per la convinzione che Dio è allì’opera e può cambiare nel profondo la vicenda umana.”; c’è da chiedersi “se non si tratti di un deficit di trascendenza”.
Spesse volte la nostra predicazione si occupa più della nostra risposta alla chiamata di Dio che non della domanda che Dio ci rivolge. Questa domanda muta nel tempo, mette in movimento, sconvolge ed inquieta; il problema è che non sempre percepiamo questa domanda.
3. Una predicazione sbilanciata verso i temi dell’etica si appiattisce sull’ovvio (trattando temi etici indiscutibili, quali “la pace”, “la salvaguardia del creato”, “la lotta alla povertà”), quando invece dovrebbe essere il massimo della specificità che ricerca l’individualità di ogni questione etica. Il risultato è lo svuotamento dei contenuti e la debolezza del pensiero, nonché la perdita della funzione storica del protestantesimo, caratterizzata dalla predicazione di un orizzonte di cambiamento.
4. L’esigenza dell’oggi è ritrovare una predicazione che sia annuncio gioioso dell’Evangelo in vista di una convinzione profonda che motivi le persone, annuncio che crei la fede; e accanto a questo la preghiera che invoca il discernimento sui temi dell’etica.
Se la nostra predicazione sarà autorevole e significativa, si porrà in contrasto al richiamo generale all’etica dell’ovvio che non produce cambiamento, ma una stagnazione che è l’antitesi dell’annuncio della grazia.
5. La parabola dei due figli (Matteo 21: 28-32), ci presenta un convinto “sì” che diventa un no, come spesso accade dei nostri grandi principi; e uno svogliato “no” che dopo ripensamento diventa “sì”.
Il sì che diventa no è segno del fallimento dell’essere umano; il no che diventa sì pone il problema: se ciò accada per la capacità dell’uomo ovvero unicamente per l’azione di Dio. Per la chiesa medioevale ed il Cattolicesimo dal Concilio di Trento in poi ciò accade come risultato di un lungo processo penitenziale che riguarda tutta la vita. Per la Riforma ciò accade unicamente come risultato della grazia di Dio. E’ un vero miracolo, nel quale l’essere umano è però coinvolto. Se è Dio che fa del “no” il “sì”, ciò determina un fatto irreversibile, un vero inizio. L’etica si colloca allora su un altro versante.
6. Alla luce di questa parabola, il credente vive del dono, della grazia donata e gratuita. Il dono è compiuto perché non attende di essere accolto, ma nel contempo è incompiuto in quanto suscita e pretende un seguito coerente da parte nostra. Questo dovrebbe essere rispecchiato sempre nella predicazione.
7. Infine, dobbiamo lamentare una visione contratta della predicazione, che la intende come appartenente a un solo settore della chiesa, quello pastorale. Occorre quindi restituire alla predicazione la sua funzione all’interno delle chiese, in tutti i suoi ambiti. Sono predicazione infatti tutte quelle attività della chiesa in cui si annuncia Gesù Cristo: culto domenicale, catechismo, studio biblico, scuola domenicale, campi di studio, interventi sulla stampa, culti radio, Protestantismo, Riforma, azione sociale, ecc…
Nessun commento:
Posta un commento