martedì 5 agosto 2008

Dialogo ecumenico e lotta alla “cultura cattolica”

Ecumene 13-17 Settembre 1976

Nei giorni 13-17 settembre 1976 ha avuto luogo ad Ecumene una assemblea di pastori e laici (metodisti e valdesi) per impostare il problema del rapporto tra il ‘dialogo ecumenico’ e la lotto alla ‘cultura cattolica’ dominante, secondo l’indicazione dalla Conferenza metodista dell’agosto 1976.

E’ sembrato all’assemblea che l’obiettivo dell’attuale politica della Chiesa romana sia la costruzione di una mediazione interclassista aggiornata rispetto al mutato peso degli interlocutori sociali.

Questa intenzione ha, grosso modo, sempre caratterizzato il ruolo storico della Chiesa, dal primo accordo con l’imperoo romano di Costantino fino al riconoscimento, sia pure tardivo, del regime borghese nel secolo scorso.

Verso la fine dell’800, la nascita e la crescita del movimento operaio posero la Chiesa do fronte al problema di integrarlo, in posizione subordinata, all’impiegato borghese ormai riconosciuto e ‘consacrato’.

La Chiesa si caratterizzò come l’ineliminalibe e l’esclusivo strumento, e, dalla borghesia così rinforzata nel suo dominio sociale, ottenne in cambio il riconoscimento, prima negato (l’anticlericalismo illuministico e, in Italia, risorgimentale), delle sue posizioni di privilegio e di potere nei vari aspetti. L’eciclica De rerum novarum do Leone XIII del 1891 fu l’espressione ideologica più organica e significativa di questa tematica.

Nel nostro paese si può dire che il periodo degasperiano abbia costituito il momento di più completa realizzazione di questo blocco clerical-borghese. Ma la crescente avanzata del movimento operaio e il sostanziale fallimento della costruzione di un movimento operaio cattolico egemone (progetto di cui le ACLI per esempio costituiscono l’abortito tentativo di realizzazione) hanno costretto gli elementi più avvertiti della Chiesa di Roma ad elaborare un tipo di compromesso in cui il movimento operaio si ponga come interlocutore privilegiato in funzione di stabilizzazione del regime borghese in crisi.

In questo disegno il proletariato vorrebbe ad assumere, a differenza che alla fine dell’800, apparentemente una importanza politica preminente, mentre in realtà non farebbe altro che garantire la ristrutturazione razionalizzata dell’ordine borghese che rimane in sostanza l’asse della politica della Chiesa.

Questo nuovo compromesso fonda un ruolo determinante della Chiesa nella sua funzione tradizionale di controllo ideologico di larghi strati sociali mediante il perpetuarsi di certi atteggiamenti e comportamenti (‘cultura cattolica’) sia pure storicamente differenziati.
Nel quadro di questo nuovo tentativo di compromesso l’assemblea si è domandata quale funzione svolgano il S.A.E.

(Segretario per l’Attività Ecumenica), le comunità di base, e il movimento dei cristiani per il socialismo, e quale sia il compito delle comunità evangeliche di fronte al ruolo dell’ideologia cattolica che ancora una volta si presenta come organica al nuovo assetto sociale.

  1. S.A.E.
    L’assemblea si è chiesta innanzi tutto quale rapporto sussita tra il SAE e il Segretariato per l’Unita dei Cristiani, ed ha ravvisato una marcata affinità di orientamenti e di intenti fra i due organismi.
    Il tipo di ecumenismo proposto dal SAE si risolve di fatto in un incontro a livello interpersonale, una ‘fraternità’ che si pone al di sopra di ogni processo reale, un ‘consenso’ su ciò che unisce piuttosto che una analisi delle motivazioni che sono alla base delle divisioni profonde esistenti.
    In conseguenza l’assemblea ha ritenuto che questo tipo di ecumenismo si muova nella linea dell’ennesimo tentativo da parte della ‘cultura cattolica’ dominante di riproporsi come mediatrice nei confronti dello scontro di classe.

  2. Comunità di Base
    Per quanto riguarda le comunità di base l’assemblea ha manifestato più di una riserva. A suo avviso,
    - la cosiddetta ‘riscoperta evangelica’ cattolica presenta un tentativo di riforma prevalentemente ecclesiale, al cui interno però non viene abbandonata la visione cattolica dell’autorità gerarchica e della mediazione, momenti questi esemplificabili nel perpetuarsi della necessità del ‘sacerdote’ (anche se ‘spretato’, o colpito da sanzioni canoniche ecc.) per l’esercizio delle funzioni sacramentali;
    - la Bibbia viene spesso usata come strumento di giustificazione delle proprie scelte, e viene spesso ritenuto non ‘interessante’ un approfondimento teologico;
    - l’impiego politico a sinistra di talune fra queste comunità non deve far dimenticare quanto sia problematica la costruzione di una società nuova quando la militanzaveda al suo interno uomini non pienamente liberati da condizionamenti individualistici ed autoritari , che tendono a riproporre ad ogni livello il processo di mediazione contro cui le nostre chiese sono impegnate a lottare, e non perfettamente consci della importanza e della complessità del momento economico sociale nell’ambito di una trasformazione, la quale vienevista esclusivamente sotto l’aspetto volontaristico.

  3. Cristiani per il Socialismo
    Per quanto riguarda la valutazione dei CpS l’assemblea ha ritenuto di dover allargare il discorso. Come ipotesi di lavoro ha assunto la spallata che il ’68 ha dato alla impalcatura culturale ed ecclesiologia italiana, cattolica e protestante.
    Di fronte all’impegno che il processo di liberazione dei ‘minimi’ dallo sfruttamento chiede alla predicazione, aiutati dallo stimolo di nuove costruzioni teologiche fortemente legate ai profondi mutamenti del reale, incalzati anche dalla visione di un’area del mondo cattolico in movimento rispetto ad un mondo da lungo tempo acquisite, è maturato un processo di ermeneutica (ri-lettura) biblica che negli ultimi anni sostenuto un sempre crescente ruolo di ‘liberazione’ da schematismi preconcetti.
    La crescita del politico all’interno di ogni ‘sistema chiuso’ e la esplosione della tensione tra fede e politica hanno creato un movimento nella chiesa cattolica con tendenza fortemente politica. L’analisi che si impone, sempre nel quadro del progetto di lotta contro la cultura cattolica dominante, deve tendere ad individuare il nesso tra momento ‘rivoluzionario’ e permanenza in esso di valori cattolici.
    L’accentuazione fortemente politica – a sinistra – del movimento C.p.S. ripropone alcune contraddizioni – o almeno alcune incongruenze – del rapporto tra fede e politica che va configurato anche come rapporto fra ideologia e processi storici. La preponderanza del ‘politico’ sull’ ‘ideologico’ sembra far temere, a tutt’oggi, una carente analisi delle motivazioni ‘cattoliche’ di cui s’è parlato (autorità mediazione ecc.). Anche qui dunque ci si dee porre la questione: fin a che punto il movimento dei C.p.S. è organico al progetto di vita che vuole combattere?

L’assemblea ha ritenuto che per rispondere a tale domanda e per superare eventuali contradizzioni sia indispensabile oggi ‘fare teologia’, e che quindi sia necessario un impegno costante da parte delle nostre comunità nell’approfondimento del confronto teologico, dato anche esse sono oggettivamente il solo luogo ‘storico’ in cui si è sviluppata teologicamente la contrapposizione alla cultura egemone.

Deve pertanto essere analizzato con rigore coerente il problema della visione ‘religiosa’ di Dio, visione che sta a monte di ogni ‘progetto cattolico’. Tale visione ‘religiosa’, quindi ‘culturale’ deve essere combattuta fino in fondo servendosi di ogni mezzo di analisi critica della Bibbia pena il permanere ogni livello dell’autoritarismo e della mediazione.

Questo confronto ideologico sembra oggi prendere piede in una certa area del movimento sei CpS e delle comunità di Base. Le chiese Evangeliche possono assolvere il compito di contribuire e fare esplodere le contraddizioni ivi sussistenti.

E’ dunque importante il ruolo delle stesse come possibile aggregazione e riferimento anche nei confronti dei ‘non credenti’. In questo quadro si scorge una possibilità di autentico dialogo ecumenico nella prospettiva della liberazione di larghi strati del popolo italiano da ogni condizionamento, specialmente religioso.

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