lunedì 24 novembre 2008

Prima di Campo Politico

Fra pochi giorni in Ecumene comincia il Campo Politico. Vi presentiamo l'intervista con il presidente Massimo Aquilante fatta dal'Agenzia NEV.


Massimo Aquilante: “Cerchiamo di capire gli anni di Obama”


Roma (NEV), 19 novembre 2008 - Dal 5 all'8 dicembre si svolgerà a Ecumene (Velletri, Roma) un campo studi sulla realtà politica e religiosa degli USA dopo l‘elezione alla Casa Bianca di Barack Obama. Interverranno tra gli altri il filosofo Biagio De Giovanni, lo storico Daniele Fiorentino, il teologo Daniele Garrone, il giornalista e politologo Paolo Naso, lo studioso di geopolitica Eric Terzuolo. Importanti presenze anche dagli USA: previsti gli interventi di Jim Winkler, responsabile dell'Ufficio “Chiesa e società” della Chiesa Metodista Unita, e di Doug Ottati, storico e teologo, docente al Davidson College del North Carolina. A introdurre i lavori sarà il pastore Massimo Aquilante, presidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (OPCEMI). L'agenzia stampa NEV lo ha intervistato.

Pastore Aquilante, ancora prima che il presidente eletto entri alla Casa Bianca il centro metodista di Ecumene organizza un campo studi sugli Stati Uniti. Come mai questa tempestività?


L'idea di una riflessione politica e culturale sugli Stati Uniti viene da lontano e non è certo la prima volta che il centro di Ecumene se ne occupa: lo ha già fatto nel 1977 e nel 1992, in occasione delle presidenze di Jimmy Carter e di Bill Clinton. Il metodismo, e in generale il protestantesimo italiano, dedicano da sempre grande attenzione agli USA. Le ragioni sono diverse: innanzitutto noi siamo ecumenicamente e ulturalmente legati a un paese che ha una solida tradizione protestante.

I metodisti negli Stati Uniti contano quasi 15 milioni di membri effettivi, 10 dei quali raccolti nella United Methodist Church con la quale il metodismo italiano ha un legame forte e storico, di appartenenza alla stessa famiglia mondiale. Mi piace ricordare che uno dei maestri che ci ha insegnato a guardare e a capire gli Stati Uniti – lo storico Giorgio Spini, autore di una memorabile “Autobiografia della giovane America” – era metodista. In questo senso direi che i metodisti, e in genere i protestanti italiani, si muovono in controtendenza rispetto ai loro connazionali: l’Italia, infatti, al di là dei proclami televisivi, è attraversata da una cultura anti-americanista che, paradossalmente, ha provenienze di segno opposto.

In secondo luogo, nonostante la fluidità confessionale e la rilevanza delle nuove immigrazioni di cattolici provenienti dai paesi dell'America centrale, gli Stati Uniti restano un paese a solida maggioranza protestante. E' evidente che questo dato costituisca per noi un motivo di grande interesse che si intreccia a interrogativi di tipo politico. Facciamo qualche esempio: con il nuovo presidente come si ridefiniranno i rapporti tra Europa e USA? Che cosa significa l'annunciato passaggio a una politica multilateralista? Come affronterà Obama i nodi economici che oggi travagliano non solo l'America ma l'intera economia occidentale? Il seminario di studi intende dare almeno qualche risposta a questi interrogativi.


Bush padre è episcopaliano (anglicano); George W. è metodista ma di sensibilità “evangelical” e con una impostazione teologica a volte marcatamente fondamentalista. Quali rapporti vi sono stati tra le chiese metodiste USA e la famiglia Bush?

I rapporti che ogni chiesa deve avere con un presidente eletto dalla maggioranza degli americani: rispetto per il suo ruolo istituzionale e libera valutazione dei suoi singoli atti di governo. Ad esempio la Chiesa Metodista Unita si è ripetutamente espressa contro le missioni militari in Iraq, così come ha insistentemente richiamato la Casa Bianca a promuovere una politica migratoria rispettosa dei diritti umani.

La Chiesa Metodista Unita degli USA si è mossa attraverso un apposito ufficio, Chiesa e società, il cui responsabile sarà uno dei nostri ospiti a Ecumene: potremo, quindi, avere una testimonianza diretta di come una grande denominazione protestante americana si è mossa nei riguardi della Casa Bianca in questi otto anni, e di come si pone nei confronti del nuovo presidente.


Le aspettative sono alte.

Certo, è vero. Le aspettative sono molto alte perché davvero abbiamo l'impressione che gli Stati Uniti abbiano voluto un netto cambiamento di rotta rispetto agli ultimi otto anni. Il problema è che ancora non conosciamo i contenuti e la sostenibilità dei cambiamenti annunciati in campagna elettorale.
Il presidente eletto entra alla Casa Bianca con un significativo sostegno del Congresso e con un notevole credito popolare da parte di fasce sociali che stanno pagando un duro prezzo alla crisi finanziaria ed economica. Per farvi fronte occorre un grande impegno non solo da parte della politica americana ma anche della società civile di quel paese e quindi anche delle chiese. Obama è molto sensibile a questi argomenti e quindi mi pare giusto che le chiese ragionino su come costruire un rapporto con la politica e con le istituzioni senza perdere di vista il centro della loro testimonianza: l'annuncio della speranza in Cristo.