martedì 15 dicembre 2009

lunedì 2 novembre 2009

La politica dell'immigrazione in Italia












L'appunti del discorso di Sergio Briguglio. Più informazioni si trovano qui e qui.


Sommario

  • Gli elementi principali della normativa sull'immigrazione
  • Evoluzione del quadro normativo: costanti e variabili
  • La riforma recente: il pacchetto sicurezza
  • La riforma auspicabile
  • Conclusioni


Gli elementi principali della normativa sull'immigrazione

Ingressi per per "interesse legittimo" all'inserimento (concorrenziale o non concorrenziale) o per "diritto"

  • Interesse legittimo all'inserimento concorrenziale (lavoro, studio): limiti numerici, requisiti
  • Interesse legittimo all'inserimento non concorrenziale (turismo, affari, motivi religiosi): nessun limite numerico, autosufficienza
  • Diritto: asilo e protezione sussidiaria, unita' familiare (ricongiungimento); non limitati numericamente, requisiti

Numeri:
  • lavoro non stagionale: circa 25.000 per anno fino al 2005, circa 470.000 nel 2006, 170.000 nel 2007, 150.000 nel 2008
  • lavoro stagionale: circa 50.000 per anno fino al 2005, 80.000 per anno nel 2006-2008
  • turismo: circa 400.000 per anno
  • affari: circa 130.000 per anno
  • ricongiungimento: circa 50.000 per anno fino al 2005, circa 100.000 nel 2006
  • richiesta asilo: circa 13.000 nel 2007 (riconoscimenti: circa 10%; permessi umanitari: circa 40%)

Interferenze tra flussi:
  • requisiti meno stringenti per gli ingressi di breve durata (turismo, affari) => numeri alti => possibile interferenza con controllo immigrazione (overstayers)
  • l’ammissione al riconoscimento del diritto d’asilo prescinde da un ingresso formalmente legale; possibile abuso; interferenza con controllo immigrazione

Immigrazione per lavoro:
condizioni:
  • decreto flussi: limiti numerici (quote)
  • richiesta di nulla-osta da parte di un datore di lavoro
  • lavoratore residente all'estero
  • assenza di motivi ostativi all'ingresso
  • accertamento di indisponibilita'
  • alloggio
  • spese di rimpatrio
  • applicazione del CCNL
  • reddito del lavoratore non inferiore ad assegno sociale
  • reddito del datore
  • problema: incontro diretto domanda-offerta
conseguenze:
  • ingresso per turismo finalizzato a ricerca di lavoro
  • overstaying
  • emersione tramite uso improprio del decreto-flussi o tramite sanatoria (negli anni 1988-2002, 285.000 ingressi di chiamati, 1.360.000 sanati)
  • alto tasso di illegalita' (obbligata)
  • nota: in tempi recenti, con un decreto-flussi sono state accolte le molte domande in eccesso rispetto al precedente (2006, 2008)

Unita' familiare
  • ingresso per ricongiungimento e/o permesso per motivi familiari
  • familiari ammessi: coniuge, figli minori (e minori affidati), genitori a carico (a certe condizioni), figli maggiorenni invalidi, genitore naturale (a certe condizioni)
  • requisiti: reddito e alloggio (commisurati alle dimensioni del nucleo familiare)
  • forme di tutela rispetto all'allontanamento
  • conversione (18 anni o rottura del legame)

Asilo
  • status di rifugiato, protezione sussidiaria, protezione umanitaria, asilo costituzionale
  • domanda presentata sul territorio italiano
  • divieto di respingimento in paese in cui vi sia rischio di persecuzione o di respingimento verso paese a rischio
  • esame da parte della Commissione territoriale
  • giurisdizione del giudice ordinario

Stabilita' del soggiorno
  • durata del permesso non superiore a due anni
  • rinnovo condizionato a mantenimento requisiti, disponibilita' di alloggio e reddito per il nucleo familiare
  • permesso CE per soggiornanti di lungo periodo: 5 anni di soggiorno pregresso, assenza di pericolosita', reddito, alloggio (solo per familiari); si perde per pericolosita'

Allontanamento
  • respingimento
  • espulsione (ordine pubblico e sicurezza dello Stato; misura di sicurezza; alternativa alla pena; sostitutiva della pena; prevenzione; soggiorno illegale)
  • allontanamento coattivo (salvo mancata richiesta di rinnovo)
  • trattenimento in CIE
  • competenza per ricorsi e convalide: giudice di pace
  • divieti di espulsione (persecuzione; minore, donna incinta o puerpera e marito convivente, carta di soggiorno, familiare di italiano)

Diritti
  • assistenza sanitaria (iscrizione al SSN; STP, con divieto di segnalazione)
  • assistenza sociale (diritti soggettivi: permesso CE slp; sentenze Corte Costituzionale)
  • previdenza (parita' con l'italiano)
  • minori (istruzione; art. 31, co.3)
  • protezione sociale


Cittadinanza
  • ius sanguinis
  • matrimonio con italiano
  • nato in Italia, legalmente e ininterrottamente residente fino ai 18 anni
  • naturalizzazione:
  • straniero legalmente residente da almeno 10 anni
  • straniero maggiorenne nato in Italia, o che abbia un genitore o un nonno che sia stato cittadino italiano per nascita, e che sia legalmente residente in Italia da almeno 3 anni


Evoluzione del quadro normativo: costanti e variabili

Costanti:
  • sostanziale impossibilita' di incontro diretto (legale) tra domanda e offerta di lavoro
  • alto tasso di irregolarita'
  • sanatorie e uso improprio del decreto-flussi
  • lotta contro l'immigrazione illegale: permanente tendenza all'inasprimento delle sanzioni
  • diffidenza verso il richiedente asilo (sospetto abusivo): limitazione dell'effetto sospensivo del ricorso, trattenimento
  • prevalenza dello ius sanguinis sullo ius soli
Variabili:
  • eccezioni rispetto alla chiamata a distanza (sponsorizzazione, autosponsorizzazione: col contagocce)
  • recepimento della normativa comunitaria:
  • comunitari (in particolare, neocomunitari): libera circolazione, diritto di soggiorno
  • asilo: status (protezione sussidiaria), procedure (diritto al ricorso), accoglienza richiedenti (accesso al lavoro)
  • permesso CE slp (durata del soggiorno pregresso, titoli abilitanti alla richiesta)
  • ricongiungimento (tutele rispetto all'allontanamento)


La riforma recente: il pacchetto sicurezza


Provvedimenti:
  • L. 125/2008
  • D. Lgs. 159/2008
  • D. Lgs. 160/2008
  • L. 94/2009
  • D. Lgs. Comunitari (ritirato)
  • L. 133/2008 (finanziaria)
  • L. 102/2009 (regolarizzazione)

Reato di soggiorno illegale (ammenda o espulsione; obbligo di denuncia)
  • Onere di esibizione del permesso di soggiorno (esclusa sanita' e prestazioni scolastiche obbligatorie)
  • Esibizione del permesso per trasferimento di denaro
  • Matrimonio in Italia: dimostrazione di regolarita' del soggiorno
  • Prolungamento del trattenimento in CIE
  • Reclusione e confisca alloggio per affitto a scopo di ingiusto profitto ad irregolare
  • Reclusione per impiego lavorativo di straniero non autorizzato

Accordo di integrazione
  • Contributo 80-200 euro per rilascio e rinnovo del permesso
  • Aumento della durata della residenza in Italia per l'acquisto della cittadinanza per matrimonio
  • Conrtributo di 200 euro per le istanze relative alla cittadinanza
  • Test di italiano per il permesso CE slp

Abolizione del silenzio-assenso per il ricongiungimento
  • Limiti al ricongiungimento del genitore a carico (ultra-65-ene senza altri figli in patria abili a mantenerlo; assicurazione sanitaria)
  • Limiti al ricongiungimento del genitore naturale (altro genitore in Italia; reddito e alloggio da subito)
  • Ridefinizione del reddito necessario per il ricongiungimento
  • Limitazione dell'inespellibilita' per familiare di italiano (secondo grado)

Ronde
  • Segnalazione di irregolarita' da parte del sindaco

Conversione del permesso ai 18 anni: per minori non accompagnati, requisiti di affidamento e inserimento concorrenti, anziche' alternativi

Cancellazione anagrafica per mancato rinnovo di dichiarazione di dimora, trascorsi 6 mesi dalla scadenza del permesso

Requisito di 10 anni di soggiorno legale continuativo per l'assegno sociale
Modifica di art. 1, co. 2 D. Lgs. 286/1998


I respingimenti in mare

Stranieri respinti in alto mare verso la Libia:
  • non consentito l'accesso alla procedura di richiesta di protezione internazionale a persone comunque sotto il controllo di fatto dell'Italia (o, addirittura, se trasportati a bordo di navi italiane, in territorio italiano)
  • violazione del principio di non refoulement (art. 33 Conv. Ginevra): la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra e non si obbliga a non rinviare lo straniero in un paese in cui possa subire persecuzione
  • violazione art. 3 CEDU (in Libia i respinti rischiano concretamente di subire trattamenti inumani o degradanti)


La riforma auspicabile

PDL Bobba et al.
  • permettere la ricerca di lavoro legale in Italia:
  • ingresso per ricerca di lavoro (mezzi di sostentamento; spese di rimpatrio; impronte; copia del passaporto; limiti numerici?)
  • conversione turismo-lavoro
  • sostenere la forza contrattuale del lavoratore straniero:
  • rinnovo del permesso anche in pendenza di vertenza o di accertamento giudiziario dell'esistenza di un rapporto di lavoro o della legittimita' di un licenziamento
  • graduare le sanzioni per lo straniero irregolare:
  • modulazione del divieto di reingresso in base all'efficacia e alla prontezza della collaborazione
  • sostegno al reinserimento in patria


Conclusioni

Rispetto all'inizio degli anni '90:
sul piano formale:
  • quadro legislativo piu' completo
  • insieme di diritti piu' solido (ma comunque meno diritti che per gli italiani)
  • parte repressiva via via piu' accentuata (piu' doveri che per gli italiani)
  • difficile accesso alla cittadinanza (sostanziale assenza dello ius soli)
sul piano sostanziale:
  • stessa inefficienza della politica degli ingressi
  • stessa irregolarita' obbligata
  • stessi efficienza dei meccanismi di transizione dall'irregolarita' alla regolarita'
  • clima piu' ostile, soprattutto dove gli immigrati si inseriscono meglio dal punto di vista economico
  • crescita della popolazione immigrata da circa 500.000 presenze a circa 4.500.000
  • bambini di fatto largamente inseriti (problemi pero' per la seconda generazione nella transizione all'eta' adulta)

Linee guida (per una comunita' etica):
  • esercitare pressione politica perche' si creino vie percorribili di immigrazione legale (da elaborare e mettere alla prova)
  • perseguire uguaglianza di diritti e doveri (aumento dei diritti, diminuzione dei doveri), salva la possibile progressivita' dei diritti
  • prendersi cura particolare della seconda generazione: lingua, istruzione, mobilita' sociale

venerdì 30 ottobre 2009

Immigrazione: conoscenza e solidarietà







L'autore del rapporto del immigrazione in Italia è Franco Pittau, direttore del dossier immigrazione Caritas.


Immigrazione in Italia - il rapporto 2009

lunedì 26 ottobre 2009

Domeniche della Bibbia

Care sorelle e cari fratelli, amici e amiche,

Ecumene si lancia in una nuova avventura. L’abbiamo chiamata Domeniche della Bibbia, e definita insieme al direttore, Silvano Fani, e ad altri amici e amiche. Ed ecco, per sommi capi, di che cosa si tratta. Ci ritroviamo, una volta al mese, per trascorrere insieme una giornata in cui condividere il culto, l’approfondimento teologico degli interrogativi di fede, il pasto comunitario, lo scambio spirituale, la testimonianza reciproca. Non un “pacchetto” già preconfezionato, dunque, ma una varietà di “percorsi aperti”, che ognuno e ognuna intraprende sulla base delle domande che si pone personalmente nella sua esperienza quotidiana, unificati dall’incontro con la Bibbia. Il fulcro dell’iniziativa, infatti, è appunto la Bibbia, e la sua ricchezza: quel libro che non soltanto si legge per ricevere nutrimento, ma che anche ci legge nelle nostre situazioni di vita, pone delle questioni e ti dice chi sei.

Tutto questo avviene già, in un modo o nell’altro, nel “laboratorio” di Ecumene. La novità consiste nel dare a queste giornate una periodicità precisa e una forma organizzativa a misura dell’età, delle aspettative e delle necessità di chiunque voglia partecipare. Siamo arrivati, infatti, a proporre l’iniziativa mettendo insieme vari spezzoni delle esperienze fatte negli anni recenti: vi sono certamente la “formazione” svolta con i giovani (sia nei campi estivi che negli incontri del periodo di Natale e di Pasqua) e le conversazioni avute con gli adulti (la situazione dell’Italia di oggi, i condizionamenti culturali e religiosi, il compito delle nostre chiese, ecc.); così come vi è senz’altro il portato della ricerca sul culto che Ecumene ha sviluppato nei decenni; ma vi sono anche le sollecitazioni ricevute dai nostri amici di Velletri a farci conoscere sul territorio non soltanto per il lavoro culturale ma anche per le nostre posizioni di fede. Mano a mano che le tessere del mosaico assumevano contorni più precisi, nello scambio di idee e nel ragionamento comune, siamo giunti alla convinzione che, proprio per il “progetto” che l’ha sempre caratterizzata, la vocazione di Ecumene sia oggi quella di impegnarsi più direttamente sul terreno del “religioso” e del teologico: parlare, agevolare il confronto e fare comunità con chi ha punti di partenza diversi dal nostro e con chi è magari lontano dalla nostra spiritualità, addirittura dalla nostra fede.

Ci è parso, inoltre, che disponendo ora Ecumene di una parte del mio tempo pastorale, vi fosse qualche risorsa in più per avviare e gestire l’iniziativa.

Il primo incontro si è tenuto domenica 18 ottobre. I prossimi saranno nelle domeniche 15 novembre e 20 dicembre. L’orario d’inizio è alle 11.00, quello di partenza è a discrezione di ognuno; suggeriamo, comunque, di prenderci il tempo che ci vuole e quindi di fermarsi almeno fino alle 16.00 – 16.30.

La giornata del 18 ottobre è stata valutata positivamente. Fra l’altro si è detto: intanto cominciamo così, miglioreremo col tempo e con la collaborazione di tutti e tutte. E questo è veramente un punto fondamentale: vogliamo andare verso la costituzione di gruppi di lavoro che curino da vicino i vari aspetti. Per il momento abbiamo deciso:

  • Musica. Paola Bonamoneta si esercita nel suonare gli inni tradizionali dei nostri culti. Angela Mangiola Naso seleziona e traduce Gospels e Spirituals da ascoltare. Sarebbe bello, magari più avanti, avere il coinvolgimento di qualcuno del coro della chiesa metodista coreana.
  • Le parole della fede. Sono comunicazioni di 10-15 minuti a scopo di istruzione. La parola presa in esame è stata “Festa-memoria”. Le proposte emerse sono: amicizia, libertà-laicità, vita-morte, guarigione, dialogo. Paolo Naso si è offerto per uno dei prossimi incontri.
  • Tecnologia. Useremo il proiettore sia per i testi scritti che per le immagini da reperire. Per questo compito, però, non abbiamo ancora individuato dei nomi.
  • Testi e immagini. Cerchiamo appassionati di letteratura, poesia, arte.
  • Bambini. Se la loro presenza crescerà, penseremo alle modalità di coinvolgimento.

Non mi resta altro che sollecitarvi a partecipare, con idee innovative e voglia di responsabilizzarsi, e a pregare per l’iniziativa.

Un caro saluto

Massimo Aquilante

sabato 12 settembre 2009

Dalla scelta di Dio alle nostre scelte

In diretta dal Campo Teologico ad Ecumene: la presentazione di Sergio Rostagno.

DALLA SCELTA DI DIO ALLE NOSTRE SCELTE

lunedì 7 settembre 2009

La sfida dell’immigrazione

29 ottobre – 1 novembre

Ogni giorno l’attualità politica, la cronaca e la realtà sociale ripropongono il tema dell’immigrazione. Intanto provvedimenti di legge e messaggi culturali sembrano aumentare l’allarme sociale su un fenomeno sempre più rilevante e complesso.
E’ possibile governare l’immigrazione? Qual è il segno delle politiche adottate in Italia? Dove va l’ Europa dell’immigrazione?
Con questo campo il centro di Ecumene intende avviare una riflessione su un tema che ha importantissime ricadute sociali, economiche e culturali sia per il paese che per la realtà del protestantesimo italiano.





















Il Programma:


Giovedì 29 ottobre
Perché questo campo?
Massimo Aquilante, pastore metodista

Venerdì 30
La fotografia dell’immigrazione in Italia oggi
Franco Pittau, direttore del dossier immigrazione Caritas

Il dibattito politico sull’immigrazione
Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, ex ministro della Solidarietà sociale

L’immigrazione nel sistema della globalizzazione
Tonino Perna, economista, Università di Messina e Reggio

L’impegno della Federazione delle chiese evangeliche italiane
Paolo Naso e Franca Di Lecce, direttore del Servizio rifugiati e migranti della FCEI

Sabato 31
La politica dell’immigrazione italiana oggi
Sergio Briguglio, ricercatore e esperto di diritto dell’immigrazione

Governance dell’immigrazione. Modelli e politiche
Paolo Naso.coordinatore di Essere chiesa insieme e politologo, Università La Sapienza

lunedì 31 agosto 2009

Nuovo Marketing







L'autore: Nora





Il “nuovo marketing” è una definizione convenzionale per il marketing “non-convenzionale”.
Cenni di “marketing classico”
Carta d’identità: nasce nei primi del ‘900 in America;
Fnalità pratiche: strumento per regolare i rapporti tra imprese e mercato, quando il forte sviluppo cominciò a porre problemi alle aziende riguardo produzione e distribuzione dei beni;
Riconoscimenti: solo qualche anno più tardi, riveduto e concettualizzato, il marketing viene riconosciuto come vera e propria disciplina;

Tante, troppe “p”…
Da anni si sente parlare delle “4p” del marketing … ma anche delle “5p”, “6p”,ecc.

Presentiamo almeno quelle fondamentali:
  • Prodotto: bene/servizio offerto;
  • Prezzo: corrispettivo in denaro che il consumatore è disposto a pagare per quel bene;
  • Promozione: comunicazione aziendale, cioè l’insieme delle attività volte a far conosce un marchio/prodotto al mercato;
  • Place (distribuzione): insieme delle attività necessarie per far arrivare un certo bene al consumatore;
  • Posizionamento: individuazione dell’area di mercato dove si andrà ad inserire il prodotto;
  • Packaging: ciò che ha a che fare con la confezione ed il modo di presentarsi del prodotto.

Strategie, ricerche e molto denaro:
Convenzionalmente la strategia adottata dalle aziende č stata quella del marketing mix: una bella“shakerata” alle varie “p” con l’aggiunta di notevoli investimenti di denaro per cercare di dominare il mercato con il proprio marchio e raggiungere il maggior numero di consumatori.

Strategie, ricerche e molto denaro:
Le conseguenze?
Raggiunto il punto di saturazione per il “marketing di massa”: consumatori quotidianamente bombardati da centinaia di messaggi pubblicitari diventano immuni e diffidenti; le aziende/marchi perdono credibilità.

La crisi di mezza età:
In anni ’70-’80 la strategia vincente era quella del marketing classico: ricerche di mercato costosissime per capire i bisogni dei consumatori ed offrigli il prodotto desiderato, che funziona benissimo fino a 1985, quando nasce la “new coke”.
Dopo una lunga e costosa indagine di mercato la Coca Cola Company, messa sotto pressione dalla concorrenza, decide di lanciare sul mercato una coca cola dal gusto più aromatico, più dolce … più “pepsi”!
La reazione dei consumatori e i loro commenti sulla new coke furono davvero pessimi: “sembra una pepsi aperta da due giorni …”, “è troppo dolce, smielata …”, “… è coca cola annacquata!”
Nei negozi ci fu addirittura la corsa per accaparrarsi le ultime bottiglie di coca cola originale ancora in vendita! Le vendite calarono vertiginosamente ma la Coca Cola Company tenne il punto, forte della sua lunga e costosa ricerca di mercato, i cui risultati parlavano chiaro:
Gli americani desiderano una bibita come la new coke!
Neanche tre mesi dopo il lancio, la new coke venne ritirata dal mercato e sostituita dalla “classic coke” nella sua formula originale. le vendite registrarono una crescita esponenziale, tanto da far pensare ad una mossa strategica dell’azienda pensata a tavolino dall’inizio.

Passaggio al marketing “non-convenzionale”
L’episodio della new coke fece crollare molte delle certezze che gli esperti di settore si erano costruiti negli anni. Fu allora evidente la necessità di una completa ridefinizione del marketing tradizionale:
Le nuove “p” (permission, passaparola, purple cow …)
Marketing non-convenzionale (buzz, guerrilla, viral …)
2004 – “marketing non-convenzionale”, terminologia mutuata dal linguaggio bellico, appare per la prima volta come definizione sui blog e si diffonde (prima negli usa dove i blog già erano una realtà) velocemente in Italia sostituendo espressioni come “marketing alternativo”, “nuovo marketing…”
  • Blog – strumenti importantissimi per far emergere libera conoscenza creata dalla collaborazione dei vari utenti attivi (commenti, links, feedback)
  • Ninjamarketing.it – il primo blog italiano sul marketing non-convenzionale, ispirato alla filosofia dei ninja (pochi mezzi ma fantasia e creatività per colpire il mercato).

Buzz marketing
Buzz: termine onomatopeico per descrivere il rumore, il ronzio, il vociare di molte persone che parlano le une con le altre. Questo tipo di approccio al mercato sfrutta l’incredibile forza del passaparola (word of mouth) mettendo in atto una serie di operazioni volte ad aumentare il volume delle conversazioni relative ad un certo prodotto/servizio ed il loro valore positivo, in modo da diffondere il più possibile l’ottima reputazione di un marchio.
Word of mouse: oggi, con il web 2.0 esistono numerosi canali di amplificazione dell’effetto buzz come i blog, i forum, i social networks, tutti mezzi capaci di diffondere una notizia in tempi brevissimi tra milioni di persone da un capo all’altro del mondo.

Guerrilla marketing
Guerrilla marketing: concetto introdotto da Jay Conrad Levinson nel 1982 nell’ambito del concetto “kotleriano” del marketing warfare (concorrenza = nemico, consumatore = terra di conquista). Una “piccola guerra” condotta in assenza di una imponente forza militare ( un grosso budget) pianificando piccole azioni qualificate e mirate su target circoscritti. In un mercato così pieno di messaggi pubblicitari che martellano i consumatori, le aziende che usano il marketing non-convenzionale privilegiano la qualità’ della comunicazione rispetto alla quantità’ dei contatti raggiungibili.
Di solito il guerrilla marketing viene usato in campagne complementari per sottolineare valori di marca e accelerare un posizionamento.
Pianomilitare:evento, street, internet, media …etc.
Un evento di guerrilla on line, poi, dovrebbe contenere un implicito invito alla viralizzazione, una gratificazione sociale che incentivi l’azione degli untori.
La “leggenda metropolitana”: uno dei primi e più famosi esempi di guerriglia marketing che venne messa in rete e poi ripresa da tutti i media fu quella dei 4 cineasti scomparsi nel Maryland nel 1994 e dei loro filmati ritrovati in una foresta. la questione venne trattata nei particolari da un sito web e, guarda caso, poco tempo dopo, uscì nei cinema il film “The Blair Witch Project” - il mistero della strega di Blair. il successo del film fu enorme e la eco dell’azione di guerrilla durò per molto tempo.







Guerrilla marketing:case study – 2001 atterraggioufo a Riccione
Luglio 2001 - campagna pubblicitaria dell’azienda di promozione turistica dell'Emilia Romagna: “Calore, ospitalità, accoglienza. qualità apprezzate in tutta la galassia”.
Il comune di Riccione rilancia la campagna con il claim: “Riccione: ultimo pianeta prima della terra”. Fasi dell’azione di guerrilla:
  • Lasciare le tracce (di notte nel parcheggio dell’acquafan)
  • Lanciare l’allarme (custode dell’acquafan, dj di radiodj)
  • Pilotare i media (seguire la pista ufo ma senza troppo allarme)
  • Svelare la beffa (conferenza stampa e pr)
  • Valutazione dei risultati (passaggi su tv, stampa, radio locali …)

Marketing virale
Il marketing virale è un’evoluzione del passaparola, possiede un’intenzione volontaria dei promotori della campagna affinché si verifichi e si amplifichi l’effetto buzz, come un virus l’idea o la novità rivelatasi utile per un consumatore, viene passata ad un altro e da quest’ultimo ad altri ancora e così via …
“Il marketing virale è finalizzato alla realizzazione di prodotti, servizi o comunicazioni commerciali che abbiano in sé la propensione a diffondersi spontaneamente come virus” (cova, giordano, pallera).
Il marketing virale deve la sua vita al più antico metodo di diffusione delle idee: il passaparola che, da sempre, è la forma più’ potente di pubblicità’.



Il consiglio di un amico su un determinato prodotto/servizio è in grado di influenzare il comportamento di acquisto più di un qualsiasi altro messaggio pubblicitario perché, di solito, non porta con sé il valore negativo dell'intenzionalità alla vendita.
Oggi, con il “word of mouse”, se si desidera che il proprio prodotto si diffonda in maniera epidemica è necessario progettarne la natura virale. La “ricetta” per una campagna davvero virale non esiste, ma una fase fondamentale č la progettazione del viral dna: è necessario lavorare a monte su quelle caratteristiche “genetiche” del prodotto che lo renderanno virale, cool, culturalmente attuale e rilevante per il sistema culturale in cui viene inserito, trascurare la fase di progettazione del viral dna vuol dire condannare il brand a rimanere una “mucca marrone in un mondo marrone” (seth godin, “la mucca viola”). Paradosso del marketing: il miglior prodotto è quello che non ha bisogno di marketing, semplicemente perché è stra – ordinario! (es. google, ipod, apple offrono prodotti straordinari che entusiasmano il pubblico).

Passaggi fondamentali per una campagna di marketing virale:

  • Progettazione del viral dna del prodotto/servizio;
  • Identificazione delle persone interessate ad esso (untori);
  • Inserimento nei network sociali di riferimento (seeding);
  • Agevolare la diffusione incoraggiando la condivisione con altre persone; (cova, giordano, pallera)

Narketing viralecase study – hotmail.com
Hotmail è uno dei siti più visitati al mondo, è stato uno dei primi ad offrire un servizio di posta elettronica gratis, sin dall’inizio ha adottato il marketing virale.
La strategia marketing di hotmail:
Fornire un servizio email gratuito;
Aggiungere ad ogni email un messaggio non invasivo: “ottieni la tua casella email privata e gratis con www.hotmail.com”
Cosa ha ottenuto hotmail?
Ogni utente hotmail, inviando i propri messaggi di email ai propri amici, conoscenti, colleghi, ha fatto, inconsapevolmente, una grossa pubblicità al sito. si è reso testimonial di un servizio ottimo e soddisfacente, facendolo conoscere agli altri.

Vantaggi:
Questo tipo di marketing ha dei costi bassissimi (in questo caso bastava un tag nell’email) ma ha un effetto esponenziale!
Rischi:
L’insuccesso di una campagna di marketing virale, può derivare anche dall’eccessivo successo. nel caso di hotmail se gli amministratori non avessero previsto il tasso di crescita delle utenze e non avessero comprato in tempo nuovi server piů potenti, probabilmente il sistema non avrebbe retto.
Nessuno avrebbe potuto più utilizzare hotmail per le email e si sarebbe rapidamente diffusa una reputazione negativa del servizio.
Bisogna perciò saper valutare bene anche gli effetti “in the best case” per una campagna di marketing virale ben riuscita!

Il consumatore al potere: Mentos e Diet Coke
Mettendo in condivisione le loro esperienze, i consumatori stanno creando dei contenuti on line che possono confermare o contraddire le informazioni diffuse dalle aziende. partecipare alla creazione di tali contenuti offre ai consumatori la percezione di avere un maggiore controllo sui propri consumi e sulla propria esistenza e di acquisire un certo potere nei confronti dell’azienda: “consumer empowerment”.

Nel 2006 sulla rete comparve un video in cui due americani proponevano uno stravagante esperimento: inserire una caramella Mentos in una bottiglia di Diet Coke provocando una specie di geyser di soda che poteva raggiungere anche i tre metri di altezza.



In pochi mesi sulla community di youtube migliaia di ragazzi misero in rete il video del proprio esperimento chimico per condividerne i risultati con gli altri. La visibilità per le due aziende interessate fu enorme, ma la reazione molto diversa. mentre la coca cola tentò di contrastare questo passaparola prendendo le distanze dall’esperimento e ribadendo il fatto che la bibita andasse bevuta e non utilizzata per esperimenti chimici. Mentos, al contrario, cavalcò l’onda dell’esperimento e della sua forte potenza virale incidendo un contest ufficiale per premiare il miglior “geyser mentos” ottenendo un fortissimo vantaggio da questa campagna a costo zero per l’azienda.
Così dopo alcuni mesi anche la coca cola cambiò posizione e sposò il progetto cercando anche lei di trarne vantaggio e collaborando con i due ideatori dell’esperimento.

Marketing virale:qualche esempio simpatico
“She wolf “singolo dall’ultimo album di Shakira: da mesi sono stati messi in rete dei video inquietanti e enigmatici…
Wagon wheels. “Can you do two?”:Contest virale dove gli utenti sono invitati a provare a mangiare 2 wagon wheels (due biscottoni tondi) – i video sono stati centinaia!!
Samsung: ci sta abituando a conoscere le potenzialità dei suoi prodotti attraverso dei video virali in cui fa uso di effetti speciali che stravolgono la percezione delle cose (pacco recapitato contenente una macchinetta fotografica digitale disegnata sulla confezione)



Ci sono ancora resistenze …
Molti direttori marketing di siti web, legati ad una “vecchia” idea di pubblicità, non prendono in considerazione il marketing virale per la promozione di prodotti /servizi. Soprattutto per il web c’è bisogno di creatività, doti di previsione e capacità di adattamento, caratteristiche forse ancora troppo “non convenzionali”…


Bibliografia e sitografia:
B.Ccova, A. Giordano, M.Ppallera (2007), “Marketing non-convenzionale” ;
S. Godin (2003), “Ma mucca viola”;
www.guerrigliamarketing.it;
www.marketing-virale.com;
www.ninjamarketing.it;

sabato 23 maggio 2009

Relazione del Comitato Permanente

Ecumene, 22/24 maggio 2009




Ogni anno ci riuniamo in Consultazione con la gioia nel cuore e con spirito di riconoscenza al Signore. E’ bello e giusto che le sorelle e i fratelli abbiano un tempo per dimorare insieme, vivere la comunione: abbracciarsi, raccontare, condividere i pessimismi dello sguardo umano ma anche la fermezza della fede,…e quant’altro lo Spirito, nel suo soffio vitale, voglia suscitare e benedire. Quest’anno, poi, la Consultazione vive il dono di questo tempo benedetto con intensit? speciale: dovremo individuare fratelli e sorelle che assumeranno per il futuro la responsabilit? della presidenza e del lavoro del CP; senza tralasciare la CSD (occorre sostituire il membro metodista), le commissioni d’esame del nostro Sinodo, e gli altri incarichi importanti per la nostra vocazione di evangelici italiani.


L’avvicendamento alla presidenza del CP ? l’occasione per fare verifiche e tirare bilanci, anche personali. Sono grato perché nel mio ministerio pastorale mi ? stata data la possibilit? di fare questa esperienza per sette anni. Le parole non riescono ad esprimere l’arricchimento che ne ho ricevuto.
Ognuno di noi ha la sua storia personale, che finisce inevitabilmente per marcare i tratti e definire gli ambiti di interesse. La mia storia si ? sviluppata, fin da prima della decisione per il pastorato, come passione per quella “fatica” di predicare e testimoniare di cui le chiese metodiste si sono fatte carico, a modo loro, tra alti e bassi, battute d’arresto e slanci in avanti, miserie e speranze, nel paese e all’interno del protestantesimo italiano, al punto che, seduti un giorno sul pozzo di Ecumene, risposi a un caro fratello che se si intendeva utilizzare i miei doni in qualche modo, io vedevo il mio posto nell’OPCEMI (si trattava di sostituire un membro del CP). Ora che ho imparato una infinit? di cose sulla nostra chiesa tutta, sui suoi pregi (che dobbiamo orgogliosamente mantenere come punti irrinunciabili di fronte agli italiani) e sui suoi difetti (che dobbiamo avere il coraggio di correggere), ora che capisco meglio e di pi?, non solo il funzionamento della “macchina”, ma l’ampiezza di orizzonte su cui Dio l’ha messa e le potenzialit? della vocazione che il Signore le affida, guardo indietro a questo periodo di sette anni e vedo con chiarezza quanto e come questa mia “storia” personale (fatta di tante cose: dall’esempio ricevuto in famiglia, al sostegno di molti fratelli e di molte sorelle) mi abbia sorretto: nei momenti delle decisioni critiche e nei momenti della gioia e della gratitudine.
Dopo l’elezione al Sinodo 2002 (tutti ricordano il modo rocambolesco in cui avvenne), ricevetti varie lettere, che conservo gelosamente. Ma mi capit? anche di ricevere una telefonata di un fratello di chiesa, il quale, mentre si congratulava con me, chiuse pi? o meno con queste parole: “Non ti invidio proprio, per i guai (casino) in cui ti sei messo”. Parole che rimbalzarono dentro di me come frustate! Perché? Perché mai ci si sentiva autorizzati a dare un siffatto giudizio sulle “cose” metodiste, sull’OPCEMI, sul CP? E le frustate erano ancora pi? dolorose in quanto queste parole venivano da una persona che non aveva nessuna cognizione della vicenda metodista italiana e nessuna esperienza di chiesa a livello nazionale. Il pensiero and? immediatamente a ci? che un nostro pastore disse sotto il tendone del buffet di Torre Pellice dove stavamo tenendo una riunione improvvisata prima di rientrare in aula sinodale per votare: chiunque verr? eletto dovr? innanzitutto ricostruire il tessuto unitario della componente. A questo compito mi sono dedicato, con impegno e in preghiera, rincuorato e confermato dal fatto che nei vari giri di visite, negli incontri e anche nelle conversazioni pi? informali, sempre di pi? emergeva evidente che questa linea di lavoro era in piena e condivisa sintonia con le aspettative delle comunit?.
Nella Consultazione 2003 partimmo proprio da questa questione di fondo: come stare dentro il Patto d’Integrazione? Come componente organizzata (secondo il disegno originario), oppure come singoli che, ovviamente, non rinunciano alla provenienza “M” ma sostanzialmente si sciolgono dentro l’unico corpo ecclesiastico, mantenendo un ufficio a Roma per raccogliere i contributi e curare gli stabili? La risposta fu chiara e netta: vale la pena (fu questa l’espressione che usammo) impegnarsi lungo la prima via. Una componente metodista che si riorganizza e rilancia ? per il bene di tutta la chiesa.
Anche la decisione di portare a “tempo pieno” l’incarico di presidenza si inscrive in questo quadro. Devo dare atto alla Tavola di aver sempre sostenuto il progetto. L’unico rammarico che posso esprimere ? che non tutti nella chiesa hanno voluto capirlo, come ? dimostrato dall’alto numero di voti “dispersi” che praticamente tutti gli anni si ? verificato nell’elezione del presidente OPCEMI.


Il tema del Patto, del suo senso pi? vero, delle sue ragioni profonde, e del contributo metodista ad esso, non pu? essere ridotto alla sola ricerca dell’armonia interna, per quanto questa sia essenziale. Esso riguarda il modo stesso di essere chiesa che insieme ci siamo scelti. Il Patto non ? un mero contenitore regolamentare, ? il “progetto chiesa” che vogliamo vivere in prima persona come valdesi e metodisti e proporre ai nostri connazionali. In questo senso, quindi, il tema rimane, e rimarr? anche nei prossimi anni, sempre “aperto”: questione che sempre si ripresenta nelle situazioni, interne ed esterne, che mutano, e che ci richiede uno sforzo di analisi e di creativit?.
Nel 2005 abbiamo ricordato i trent’anni del Patto. Il CP propose alla Consultazione di cogliere l’occasione per dibattere sul cammino svolto, e nel Rapporto si sosteneva la tesi che l’originalit? e la forza dell’Integrazione sono nella comune predicazione e testimonianza da rendere in Italia, secondo quanto affermato nei primi due articoli del Patto:
* “Le chiese e la conferenza metodiste si riconoscono nelle caratteristiche del movimento e delle chiese valdesi quali le attestano la loro storia e la collocazione nella testimonianza protestante in Italia”.
* “Le chiese e il sinodo valdesi si riconoscono nella testimonianza all'Evangelo resa in Italia dalle chiese metodiste e, con gratitudine al Signore, ricevono il loro contributo di esperienza, di pensiero e di impegno evangelistico”.
La situazione generale del paese si presenta di molto cambiata, anche solo rispetto a quattro anni fa. Chi avrebbe potuto immaginare allora che dopo poco tempo si sarebbe arrivati a mettere in discussione la “forma” recente del sistema capitalistico, come oggi si fa da pi? parti? Oppure che avremmo dovuto tornare ad ascoltare moniti sui rischi di autoritarismo che corre la societ? italiana, come autorevoli osservatori stanno rilevando? La predicazione dell’Evangelo della grazia e la testimonianza alla novit? del Regno di Dio, che insieme valdesi e metodisti vogliono dare non possono non scontrarsi anch’esse con questi nodi, se il senso del loro cammino comune sta nel parlare all’Italia.
Di qui, la domanda, ineludibile e impegnativa: a che punto sono le chiese metodiste con il loro “contributo di esperienza, di pensiero e di impegno evangelistico”, ci? che ? oggetto di “riconoscimento” e “ricevimento” da parte valdese?
Gi? nella Consultazione del 2003 ci dicemmo che la ricerca di uno spirito unitario all’interno della componente, la ricostituzione di quel tessuto connettivo che ? per il bene di tutta la chiesa, non poteva accadere se non come “recupero di progettualit?”: tornare al “gusto del progetto”, sottolinearono molte sorelle e molti fratelli, compresi alcuni che non sono pi? tra di noi. E perché questo “ritorno al progetto” non suonasse come uno slogan vuoto, indicammo alcuni punti concreti su cui costruire: l’esperienza di “chiese integrate” con i migranti; Ecumene; i rapporti con la famiglia metodista mondiale; il tratto caratteristico dell’”azione sociale”.
Su questi punti ci siamo impegnati molto, e oggi la fotografia ? pi? nitida.

1) Sul piano della “chiesa integrata” le cose procedono bene, nel complesso. L’aggregazione funziona e il CP si trova a dover fare i conti con la novit? rappresentata dalla richiesta di nuovi locali (Novara, Reggio Emilia, Modena, Vicenza, Bassano del Grappa, Udine). Sale anche l’esigenza di avere pi? personale all’opera: Milano, il “Progetto Mezzano” (si attende l’arrivo del sostituto di George Ennin e, nel frattempo, si vuole ampliare il gruppo pastorale che se ne deve occupare), il “Progetto Roma” (una novit?, per la quale si impiegher? un altro pastore dal Ghana, accompagnato dalle chiese di Via Firenze, Ponte S.Angelo, Via IV Novembre francofona, oltre a un gruppo di sostegno pi? ampio). Certo, se non ci si limita al culto insieme e si va in profondit?, ci si accorge delle varie problematiche legate alle differenze di sensibilit? culturale e formazione teologica. Ma anche a questo livello la situazione ? in movimento: oltre alle sperimentazioni locali, ricordiamo gli appuntamenti di Pasqua per giovani e i campi teologici di Ecumene. E’ giusto, poi, tenere presente che se ? vero che il grosso del lavoro lo facciamo con gli immigrati dall’Africa, nella nostra chiesa vi sono anche varie realt? di presenza dall’Asia. Qui, forse, le cose sono un po’ pi? complesse. E tuttavia non mancano segnali che fanno ben sperare: c’? il lavoro con i filippini che si fa da anni a Milano, ma anche a Roma Ponte S.Angelo, e da qualche tempo, anche se con numeri pi? ridotti, a Pescara; c’? la novit? dell’inserimento di un consistente gruppo filippino nella chiesa di Roma Via Firenze; c’? il bel rapporto di fraternit? e di collaborazione con la chiesa metodista coreana di Roma. Sono elementi su cui si pu? costruire per il futuro. Ci? che comunque bisogna continuare a sostenere con forza ? che la costruzione di chiese “integrate” non ? un “impegno settoriale”, ma ci interpella a livello vocazionale e pertanto ci rimanda proprio al mandato di predicare e testimoniare all’Italia.

2) Il rilancio di Ecumene ? ormai nelle cose. Sono stati investiti denaro ed energie umane perché il Centro tornasse a svolgere la funzione per cui ? nato: “segno dell’unit? della chiesa di Ges? Cristo…luogo d’incontro e di studio per i vari settori della vita della chiesa…punto di riferimento per tutti coloro che individuano nell’azione per la riconciliazione, la pace e la giustizia fra i popoli e gli individui, la testimonianza che le chiese sono chiamate a rendere”. (Statuto). “Finestra aperta sulla societ?”, ? stata definita. Aprire questa finestra ? il compito di chi individua in Ecumene un “progetto vocazionale” e non una mera struttura da mandare avanti. E basta scorrere la documentazione dal 1952 in avanti, da quando cio? si inizi? sul Monte Luco, per accorgersi di come questa impostazione sia il centro e la forza del Centro e di quanti fratelli e sorelle l’abbiano abbracciata, vissuta e sostenuta. Il programma delle attivit? 2009 d? un’idea del progetto: si va dai campi di formazione (cadetti, juniores, giovani) a quelli di studio e approfondimento delle questioni politiche e culturali, nazionali e internazionali, a quelli pi? specificatamente teologici; dagli appuntamenti per l’aggregazione alla proposta di un esperimento di vita comunitaria. In particolare, segnaliamo il campo politico/azione sociale, un tratto caratteristico della riflessione di Ecumene; il campo sugli USA, che prosegue l’importante esperienza del 2008, con la partecipazione di autorevoli osservatori dagli Stati Uniti; il campo sull’immigrazione, che inaugura un filone di ricerca che terr? impegnati per i prossimi anni; il campo teologico, che anche quest’anno avr? la presenza di un professore africano, e che sempre pi? sar? al servizio del lavoro che le nostre chiese fanno sul terreno dell’integrazione. La gratitudine di noi tutti va al direttore del Centro, Silvano Fani e a sua moglie Leda, che hanno lavorato con grande dedizione e che garantiscono di continuare a farlo nei prossimi anni, al Comitato Generale, ai gruppi che organizzano i campi, ai giovani e meno giovani del campo lavoro, agli amici e alle amiche che non fanno mancare il loro contributo di idee e di amore.

3) I rapporti con la famiglia mondiale metodista costituiscono senza dubbio una “dote” molto significativa che portiamo alla nostra chiesa. Ve ne sono di tradizionali e consolidati, che si esplicano in iniziative di sostegno alla nostra opera: la chiesa di Gran Bretagna assicura la cura pastorale di Roma Ponte S.Angelo e invier? una pastora per Firenze; la UMC ha finora garantito, e contiamo che continuer? a farlo, la presenza pastorale per il lavoro con gli stranieri a Milano, e ci aiuter? con il “Progetto Roma”. E’ bene ribadire che i tempi in cui queste chiese sostengono l’OPCEMI per quello che chiamiamo le spese del “campo di lavoro” sono definitivamente tramontati. E’ possibile, per?, seguire un’altra linea: elaborare progetti specifici, ben mirati e circoscritti. Il CP ha ripetutamente sollecitato le comunit? a questa modalit? d’intervento, ma non ha ricevuto riscontri, tranne che nel caso dell’area di Napoli dove ? in cantiere un progetto di gemellaggio con una chiesa inglese. D’altro canto, dobbiamo fare uno sforzo per liberarci del “complesso dei poveretti”: la “ricchezza” delle relazioni internazionali non si risolve unicamente in sostegni finanziari, c’? molto di pi?. A questo livello, quindi, l’amicizia che abbiamo avviato con la chiesa del Ghana (e che potremmo facilmente estendere ad altre chiese di quell’area dell’Africa) ha in sé delle potenzialit? molto importanti. E lo stesso si pu? dire del contributo che portiamo e riceviamo in seno al Consiglio metodista europeo (il presidente ? stato invitato lo scorso marzo alla conferenza generale della Conferenza del centro e sud Europa): un esempio per tutti ? la possibilit? concreta di accedere al corso di formazione on-line (“e-academy”) sulla storia e la teologia metodista, che per il momento ? riservato ai soli laureati in teologia, ma che verr? tra poco esteso anche ai “laici”. Noi siamo una piccola chiesa, ? vero. Ma siamo anche interessanti, quando riusciamo a dire una parola nostra sulle questioni che riguardano tutti. Dobbiamo imparare a far circolare tra i nostri interlocutori internazionali il nostro pensiero e la nostra teologia e, allo stesso, ad aprirci alle diverse “storie” che compongono la nostra famiglia mondiale. A questo scopo, abbiamo lanciato nel 2003 l’idea di costituire un Centro di Documentazione Metodista che agevoli l’interscambio, organizzi convegni, curi una pubblicazione, proponga un sito web, e anche susciti in qualche giovane l’interesse per la nostra storia, la nostra spiritualit?, il nostro pensiero. I tasselli principali sono finalmente andati al loro posto e ora siamo in grado di varare il progetto, proponendo al Sinodo l’approvazione dello statuto.

4) L’azione sociale, come abbiamo detto, ? un tratto caratteristico dell’esperienza metodista. E’ riduttivo intenderla come una sorta di “braccio sociale” della fede cristiana; essa corrisponde a una determinata visione della missione della chiesa, che ? riassunta molto efficacemente in un testo delle Discipline della UMC: “Noi non proclamiamo un evangelo personale che non si esprima in un impegno nella societ?; noi non proclamiamo un evangelo sociale che non includa la trasformazione personale del peccatore. E’ nostro convincimento che la buona notizia del regno di Dio deve giudicare, redimere e riformare le strutture di peccato della societ? del nostro tempo”. Ma ? opportuno richiamare anche un passaggio del Documento programmatico del Centro per il cristianesimo sociale, approvato in conclusione del Convegno di Mezzano 1995: “La nostra fede, dunque, si nutre di convinzioni individuali (e di responsabilit? personali) ma si esprime in una dimensione sociale: chi crede nel Regno non ? solo di fronte alla storia: costruisce, opera, resiste insieme a molti altri, senza pretendere di poter tracciare delle premature distinzioni tra reietti e salvati…Ma dal ravvedimento accettato e vissuto non pu? non nascere il gusto della testimonianza e il coraggio della sperimentazione: dei gesti vanno compiuti, delle opere di giustizia vanno realizzate, pur nella chiara coscienza che si tratta di cose valide solo per un tempo ed efficaci solo nella imprevedibile azione dello Spirito”. C’? dunque un nesso intrinseco tra la chiesa che predica e la chiesa che agisce all’interno delle questioni della societ?, e come la predicazione dell’Evangelo della grazia resta escatologica, cos? l’”azione sociale” ? indicazione della “nuova creazione” in Cristo che Dio ha inserito nella storia umana e che trasforma i rapporti. Il problema ? duplice: da un lato, si pone una questione di contenuti innovativi per la chiesa che esprime una propria azione nella societ?; dall’altro lato, occorre sottrarre alla logica della “delega” alle varie “opere” o istituti l’intervento della chiesa nella dimensione sociale. Ma qui, allora, dobbiamo chiederci, con grande seriet?, se ci stiamo per davvero muovendo lungo questa linea.

Ecco, dunque, la fotografia della componente relativamente ai quattro punti che insieme individuammo nel 2003 come contributo specifico alla vita della chiesa (naturalmente, qui non ci si riferisce alle chiese locali che comunque portano avanti i loro percorsi). La ricerca, per?, mentre si concentrava su queste quattro priorit?, tocc? da subito anche altri ambiti. Li richiamiamo velocemente: la funzione dei circuiti (il documento del campo teologico di Ecumene del settembre 2003 si sofferm? addirittura sulla “formazione” dei sovrintendenti), il ruolo dei “laici” e in particolare dei predicatori locali (le consultazioni e i campi teologici 2003 e 2004 si interrogarono sia sul corso di formazione a distanza, sia sulla possibilit? di avviare nuovi percorsi per i leaders stranieri), la revisione dei tradizionali moduli lavorativi in vista di una nuova articolazione del ministero della chiesa nella “citt?” (i dibattiti del 2003 e 2004 sollevarono il tema di come organizzare momenti di studio della Bibbia che vadano oltre la routine del “gruppo dei soliti”), la presenza a macchia di leopardo sul territorio nazionale (nel 2004 si inser? un ragionamento sull’utilizzo delle risorse pastorali in situazioni in cui ? pi? realistico parlare di “aree” piuttosto che di “parrocchie”), l’evangelizzazione (il dibattito del 2005 si chiuse con la proposta di avviare in ogni comunit? un esperimento di evangelizzazione da condividere l’anno seguente in Consultazione; la discussione del 2006 dette lo spunto a un apposito o.d.g. sinodale (art. 37) dello stesso anno, che fu ripreso nella Consultazione del 2007, in occasione del II Festival metodista europeo di Bratislava).
Sotteso a tutti questi temi, e dall’inizio di questo percorso di ricerca, si ? mosso quello del “modo” di essere chiesa, fino ad arrivare alla Consultazione dello scorso anno, dedicata appunto a un confronto sull’ecclesiologia metodista. Il nostro “essere chiesa” ? al contempo un essere “movimento”: non “movimentisti”, sia chiaro! Una cosa ? adattarsi alla realt? concreta (essere “flessibili”, o “fluidi”, nel linguaggio degli esperti di internet) nelle articolazioni della chiesa e nell’organizzazione del lavoro per poter raggiungere tutti e chiunque, tutt’altra cosa, e per nulla condivisibile, ? “accorciare” la confessione della fede per seguire l’andamento sociologico. L’esperienza di Wesley e del metodismo delle origini, su su fino all’oggi (abbiamo gi? avuto modo di ricordare come le chiese metodiste in molti paesi dell’Africa, dell’Asia, dell’America latina, continuino ad adottare il modello dei “gruppi concentrici”, sia nell’organizzazione interna che nel raggio d’azione esterno), dimostra per l’appunto che ? perfettamente possibile tenere insieme una forma organizzativa che va incontro alle concrete esigenze della vita, entra nelle pieghe della realt?, con un annuncio che non fa sconti, anzi richiede un’adesione “olistica”, in tutte le dimensioni dell’esistenza umana. E d’altro canto, a ben vedere, questa ? stata l’esperienza anche del minuscolo metodismo italiano che, a dispetto delle specificit? della situazione dell’Italia, nonostante si sia trovato a operare nella terra del papa e dei papisti, ha battuto a tappeto il paese, costituendo un po’ ovunque nuclei di credenti evangelici (gruppi, “stazioni”, comunit?), e ha fatto crescere una “classe” di laici in grado di portare la Parola di Dio, consolare, gestire le attivit? e fare la “politica” della chiesa.
Con questa fotografia pi? completa, torniamo ora al punto di partenza: il Patto d’Integrazione. La fotografia ? il nostro contributo di oggi, ci? in cui chiediamo alle sorelle e ai fratelli valdesi di “riconoscersi”, ci? che offriamo loro perché lo “ricevano” (i verbi sono nell’art. 2 del Patto). Ed ? perfino superfluo dire che tale contributo lo offriamo nella consapevolezza del valore che esso ha e delle debolezze, contraddizioni, miserie, che ciascuno e ciascuna di noi si porta addosso e tutti insieme abbiamo. Non offriamo ci? che gli altri conoscono e sanno fare meglio di noi, e per cui siamo grati al Signore perché ora quel “patrimonio” diventa anche nostro. Offriamo ci? che riusciamo a produrre come donne e uomini credenti in Cristo come “testimonianza all’Evangelo resa in Italia” (id.). E il fatto che ora questo nostro “patrimonio” (in verit? piccolo e sempre esposto ai capricci dei venti) sia accolto e vissuto anche da altri ? parimenti motivo di profonda gratitudine a Dio.
Proprio perché vogliamo che questo nostro contributo continui a portare frutti da condividere, torniamo di volta in volta a ragionare sul senso dell’Integrazione e sul modo in cui stiamo insieme nell’”unico corpo che vive nella sola grazia del Signore” (art. 4 del Patto). L’integrazione tra valdesi e metodisti si fa nel Sinodo valdese, e in nessun altro luogo. In questo senso i metodisti “confluiscono dentro”. E’ stata una scelta ben precisa – vogliamo ribadirlo a scanso di equivoci - avendo i metodisti riconosciuto nel nome “valdese” non un ostacolo (come era invece avvenuto nell’Ottocento, in altri ambiti), e i valdesi non un’occasione all’assorbimento, ma una possibilit? all’unit?: ci ? stato ricordato in un autorevole intervento alla Consultazione del 2005. E’ in questa scelta congiunta che risiede l’originalit? e la forza dell’Integrazione rispetto alle altre esperienze unitarie nel protestantesimo italiano. Il fatto, per?, che l’Integrazione si faccia e viva dentro il Sinodo valdese non deve essere fatto scivolare su un terreno improprio e alieno rispetto al progetto. Dire “Sinodo” non equivale dire “struttura ecclesiastica”, ma dire “comune vocazione”. Da questo punto di vista, i metodisti non “confluiscono” da nessuna parte.
Questo discorso non ? un sofisma, esso coinvolge il terreno delle decisioni operative. E’ bene, dunque, che a questo livello si ragioni tutti insieme. Dopo 30-35 anni di sperimentazione, possiamo scendere nel merito di alcuni ingranaggi, che magari all’inizio ? stato bene non tematizzare, ma che l’esperienza pratica ci porta ora a riconoscere come bisognosi di un po’ d’olio.
Il tema principale e che salta immediatamente all’attenzione ? quello del “campo di lavoro”. E’ di competenza della Tavola, in cui siedono due metodisti. Ma ? l’OPCEMI ad avere la responsabilit? e il polso delle finanze metodiste. Accade che la Tavola, nello sforzo veramente sovrumano di organizzare la provvista pastorale, metta al servizio in sedi metodisti pi? operai di quanti l’OPCEMI possa sostenere. Le vie sono due: o l’OPCEMI ? considerata come pura e semplice “cassa” di raccolta di denaro (ma allora quello che manca ce lo mette la Tavola), oppure l’OPCEMI si irrigidisce e dice: “Non pago” (ma allora nessuno deve scandalizzarsi, perché fa parte del gioco). Siamo ancora sul terreno del Sinodo unico, o non siamo invece scivolati su quello del funzionamento delle strutture? C’? un’altra soluzione: che si stabilisca, chiaramente e alla luce del sole, che la sistemazione del campo di lavoro viene fatta congiuntamente da Tavola e CP in due sedute all’anno; lasciando, ovviamente, alla Tavola la parola definitiva. Questa ? una questione molto delicata: per un verso, le chiese metodiste, per quanto contribuiscano ogni anno in maniera crescente (diciamolo, per favore, ad alta voce e a chiare lettere!), arrivando a superare la soglia dei 500.000 €, non sono assolutamente in grado di coprire le spese dei 21, 21 e ?, a volte 22 tempi pastorali, senza attingere alle entrate degli stabili in misura cos? massiccia da aprire tutta una serie di rischi; per l’altro verso, la medicina non ? certamente quella del “tagliare” i rami secchi: lo abbiamo assodato nel 2003 e non torniamoci pi? sopra. L’ufficio amministrativo ha indicato nel 70% di copertura delle spese del campo di lavoro la soglia minima che le comunit? devono garantire; il CP ha voluto discuterne nella Consultazione dello scorso anno: nessuno ha avuto da obiettare, salvo poi che qualcuno si ? sentito “in diritto” (per svariate ragioni) di non rispettare l’obiettivo. Se si ritiene che la percentuale del 70% sia inarrivabile (ma ? tutto da dimostrare), allora l’alternativa ? quella che proponiamo alla discussione praticamente ogni anno: indicare insieme le priorit? del lavoro, intorno alle quali costruire un punto di equilibrio tra la “visione” che vogliamo avere e la sostenibilit? finanziaria. Ma allora si discuta veramente!
Ma si deve citare anche il tema della gestione dell’8x1000. Vi ? una commissione che istruisce le pratiche perché la Tavola prenda le decisioni finali. Nella commissione siede un/una rappresentante metodista. Le realt? locali metodiste non sono obbligate a passare attraverso l’OPCEMI, se hanno progetti da sottoporre. Di fatto, per?, in molti casi il “filtro” OPCEMI ? indispensabile. A questo si aggiunga che cominciano ad arrivare richieste da parte di chiese metodiste, grazie ai rapporti internazionali che l’OPCEMI mantiene. Che cosa impedisce che anche in questo caso Tavola e CP pianifichino un calendario congiunto per arrivare a prendere insieme le decisioni finali, lasciando all’ufficio 8x1000 gli aspetti tecnici? Quando si studiano e presentano le campagne pubblicitarie non sarebbe opportuno che almeno la presidenza OPCEMI fosse coinvolta, visto che si continua ad usare la dicitura “Unione delle chiese metodiste e valdesi”? L’utilizzazione dei fondi 8x1000 dovr? sempre pi? andare nella direzione di una progettazione di ampio e lungo respiro, considerato anche l’aumento del gettito che si verificher?: ? pensabile che il CP non venga coinvolto in un “momento politico” cos? determinante? E, dall’altro lato, ? pensabile che il Sinodo non venga investito direttamente di un dibattito di prospettiva di tale livello?
Anni fa si diceva che non potevamo avere un corpo con due teste. Dopo tre decenni e pi? di lavoro comune e passioni condivise siamo pronti per non cadere in quel rischio. Procediamo per gradi, privilegiando il terreno della prassi, prima di coinvolgere quello delle modifiche regolamentari. Ma cominciamo!


Nei prossimi anni saremo sempre pi? chiamati ad occuparci pi? direttamente e in maniera pi? fattiva dei temi connessi con la formazione di una leadership all’altezza delle sfide del domani. Avremo da individuare i ricambi per le varie commissioni, le strutture intermedie (circuiti e distretti) e gli organismi nazionali. Ma avremo anche da reperire le risorse umane per la vita delle chiese locali, in tutti i suoi aspetti. Non potremo adempiere a questo compito senza prendere delle decisioni che impegnino tutti e ciascuno/a: lasciare spazio ai giovani, articolare meglio i ministeri nella chiesa in funzione della “citt?, rivedere il ruolo dei predicatori locali e reintrodurre la figura dell’evangelista, agevolare l’assunzione di responsabilit? da parte dei fratelli e delle sorelle che vengono da altri paesi e chiese, attivare in Facolt? corsi stabili di “metodismo”, partecipare alle attivit? di Ecumene, far decollare il Centro di Documentazione, diffondere il progetto di e-academy, rilanciare l’azione sociale.
Non riusciremo a creare i nuovi leaders se saremo auto-referenziali, se cio? ci estranieremo dalle questioni che toccano il presente e il futuro del paese. Torneremo, quindi, inevitabilmente, a misurarci con il nostro essere e proporci come “movimento”, con tutto ci? che questo implica. Dovremo trovare nuove forme per “contaminare” ci? che pi? appartiene al nostro DNA con ci? che riceviamo dagli altri.
Non ? l’intelligenza, o la creativit?, o la caparbiet? a farci difetto. Ma non risponderemo alla vocazione che il Signore ci rivolge se verr? a mancarci la passione per l’opera di questo piccolo, minuscolo, metodismo italiano, all’interno del quale abbiamo potuto ascoltare l’annuncio dell’Evangelo della grazia e della liberazione e prendere la decisione della fede, se cio? smetteremo di far reagire questo Evangelo e questa fede gli uni con gli altri, gli uni per gli altri, e tutti insieme per e con i nostri contemporanei.














Perci?, ci raccogliamo ancora una volta in preghiera: O Signore, tu che mi hai chiamato per nome (Isaia 45), tu e solo tu sei il mio rifugio. Tu comanderai ai tuoi angeli di proteggermi in tutte le mie vie. Ed essi mi porteranno sulla palma della mano, perché il mio piede non inciampi in nessuna pietra. (Salmo 91). Benedetto sia il nome tuo glorioso.

Massimo Aquilante

martedì 19 maggio 2009

Programma 2009

CAMPO CADETTI 28 giugno/12 luglio
(7-13 anni)
Osserva la legge del branco degli uomini…
Sono le parole del canto di commiato dell’orso Baloo, il maestro della legge, che accolse Mowgli nel branco e lo condusse nelle sue prime esperienze. Sarà questo il filo conduttore del campo di quest’anno. Tre anni fa siamo partiti concentrando l’attenzione sul tema del creato, accompagnati nel nostro viaggio dalla guida di Darwin. Siamo poi passati a prendere in esame più da vicino l’essere umano, il “burattino senza fili”, come dice la canzone, e ci siamo confrontati con i temi della libertà e responsabilità. La proposta di quest’anno è: come vivi il tuo essere “burattino senza fili” nel tuo contesto sociale? Come guida avremo i racconti tratti da Le storie di Mowgli, di Kipling. L’obiettivo è di fornire alcuni riferimenti concreti per abituare all’impatto relazionale nelle cose della vita.
Coordinatore: Giuseppe La Pietra
Rimborso spese: € 200

CAMPO JUNIORES 5/15 luglio
(14-16 anni)
Prosegue l’esperienza di un campo che combina insieme momenti di studio e lavoro manuale nei “servizi” del Centro. Le conversazioni saranno sul tema, proposto dagli stessi juniores nell’assemblea degli amici di Ecumene, del testamento biologico, che è balzato in prima pagina nei giorni del “caso” Eluana Englaro, e che continuerà senz’altro a far discutere. Per consentire ai partecipanti di formarsi una propria opinione, da discutere e confrontare con gli altri, la pastora Letizia Tomassone e il dr. Andrea… (ospedale di Parma) organizzano il ciclo delle riflessioni. Considerata la brevità del campo, si consiglia l’iscrizione per l’intera sua durata. La disponibilità all’impegno nel lavoro pratico è condizione per la partecipazione.
Coordinatore: Noemi Falla
Rimborso spese: € 5 al giorno

CAMPO POLITICO 24/26 luglio
Lo stato sociale e la crisi – La crisi dello stato sociale
Il consueto campo studi estivo, dedicato ai problemi della nostra società, è quest’anno organizzato insieme dalle commissioni politica e di azione sociale. Ci poniamo alcune domande: quali oggi le garanzie per gli strati più deboli ed esposti della popolazione, e quali le forme di attuazione? Più in generale: è davvero impossibile che il mercato si incontri con i bisogni? E se questo incontro non è da escludere in partenza, qual’è l’impegno della politica? Può la politica non dettare le regole, non fissare dei paletti al mercato? Questi interrogativi danno già l’idea della riflessione che vogliamo condurre. Gli interventi introduttivi saranno svolti da Paolo Ferrero (già ministro della Solidarietà sociale, segretario PRC), Massimo Mezzetti (SD), Stefano Fassina (PD).
Coordinatore: Massimo Mezzetti
Rimborso spese: € 60

CAMPO DI FERRAGOSTO 12/16 agosto
Venite, cantiamo con giubilo al Signore
Ancora un appuntamento sulla musica e il canto nelle tradizioni delle nostre chiese. Il campo è organizzato insieme al coro della chiesa metodista coreana di Roma e si rivolge alla comunità di Ecumene del periodo di ferragosto e a chi intenda iscriversi appositamente. E’ prevista la partecipazione di altri esperti ed esecutori musicali. Il pomeriggio del 15 celebreremo il culto di tutta Ecumene. Nella quota è incluso il cenone del 14 sera.
Coordinatore: Silvano Fani
Rimborso spese: € 90

CAMPO GIOVANI 18/22 agosto
People have the power…
ovvero Web 2.0…ovvero Internet…ovvero la libertà è partecipazione. Quarto appuntamento di studio e sperimentazione sulle “nuove tecnologie”. Il titolo richiama una canzone di Patty Smith e un’altra di Giorgio Gaber, e vuole evidenziare il punto di forza di internet. Sempre di più internet permette a tutti di pubblicare i propri contenuti, di essere protagonisti, di condividere informazioni. Tutto questo è difficile da regolare, la politica cerca di mettere dei paletti, a volte però creando ulteriori complicazioni. Dove inizia e dove finisce la legalità sulla rete? Come governare il diritto d’autore e i diritti condivisi, i social network, facebook e la privacy, youtube…? Nella parte pratica, quest’anno ci dedicheremo all’utilizzo di una risorsa comune: i telefonini. Dopo una discussione generale, ognuno sceglierà il soggetto di un filmato da realizzare con il proprio telefonino e da analizzare e gestire in gruppo. Un altro gruppo farà il backstage.
Coordinatore: Gabriella Paolini
Rimborso spese: € 60

CAMPO TEOLOGICO 11/13 settembre
Credere e agire
Il campo propone un confronto sulla “questione etica”, un nodo tanto complesso quanto urgente da affrontare. Partiremo dalla domanda di fondo: in che rapporto stanno la Parola di Dio e le iniziative che i credenti intraprendono nella storia? Sergio Rostagno, già docente di sistematica alla Facoltà valdese e autore di un recente libro sul tema (Cittadella), che introdurrà i lavori del campo, indica una pista di riflessione: “la fedeltà di Dio all’essere umano genera l’etica, e questa procedura garantisce alle persone libere, da un lato l’indipendenza, dall’altro la validità del loro impegno”. La questione è tanto più attuale alla luce del cammino di integrazione in cui le nostre chiese sono impegnate. A tale scopo, la seconda relazione sarà svolta da Robert Aboagye-Mensah, già presiding bishop della chiesa metodista del Ghana e docente al Trinity college di Accra.
Coordinatore: Massimo Aquilante
Rimborso spese: € 60

SEMINARIO DI STUDI 2/4 ottobre
Parliamo di ambiente
E’ possibile individuare un equilibrio tra la salvaguardia dell’ambiente e le esigenze di sviluppo economico? E quali scelte politiche consentirebbero tale “saggezza”? Proveremo a dare delle risposte con l’aiuto di qualificati “addetti ai lavori”.
Coordinatore: Elio Piacente
Rimborso spese: € 60

SEMINARIO DI STUDI 29 ott/1 nov
Dall’immigrazione all’integrazione
Con questo campo Ecumene avvia una ricerca da approfondire negli anni., anche in collaborazione con altre “agenzie” che operano nel settore. L’Italia è un paese di immigrazione: questo è ormai un dato acquisito, dimostrato dal fatto che l’immigrazione è un elemento strutturale dell’economia. A tale realtà, però, non corrisponde una politica di integrazione: gli immigrati restano in una posizione sociale e giuridica incerta, all’interno di un “patto debole”. Eppure l’Europa parla di integrazione, di un processo a due vie che trasforma sia la società nazionale che la comunità degli immigrati. Si tratta di una sfida rispetto a cui l’Italia accumula ritardi sempre più gravi: un tema sul quale anche le chiese e le comunità di fede possono avere un ruolo significativo. Al campo ha assicurato la partecipazione Paolo Ferrero, firmatario di un organico disegno di legge.
Coordinatore: Paolo Naso
Rimborso spese: € 60

CAMPO INVERNALE 3/6 gennaio 2010
Nell’America di Obama
A un anno dall’insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, cercheremo di capire come sono cambiati gli Stati Uniti. Con il contributo di qualificati osservatori, italiani e statunitensi, proveremo a ricostruire le scelte politiche più rilevanti operate in questi mesi e il loro impatto sulla scena mondiale: dalla rivoluzione energetica al dialogo per la pace, dalle strategie anticrisi alla ricostruzione dello stato sociale. Come sempre nella tradizione di Ecumene, avremo un’attenzione particolare alla realtà del protestantesimo e al suo ruolo nelle dinamiche culturali e sociali. Per questo interverranno esponenti delle chiese metodiste, riformate e presbiteriane.
Coordinatore: Paolo Naso
Rimborso spese: € 60

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CAMPO LAVORO
(a partire dai 17 anni)
Il campo lavoro assicura la collaborazione nei vari servizi e partecipa alle attività del Centro.
Rimborso spese: € 5 al giorno

CAMPO FAMIGLIE
Ecumene organizza periodi di soggiorno, vita comunitaria e partecipazione ai campi per nuclei familiari e singole persone nei mesi di luglio, agosto e settembre.
Rimborso spese: € 32 al giorno; fino a 12 anni 30% in meno; sotto i 5 anni non pagano

lunedì 27 aprile 2009

Comunicazione evangelica e nuovi media

La sfida dei nuovi media
Giulio Lughi


1. Teorie
L'elaborazione teorica sui nuovi media risente della istituzionale - si potrebbe dire "naturale" - interdisciplinarità che caratterizza il campo di studio e quindi determina la diversità degli approcci.
Oltre a questo aspetto, alla elaborazione teorica si applica una sorta di "legge di Moore" (la cosiddetta "legge di Moore", spesso citata per indicare la rapidità dei processi in atto nella società dell'informazione, si riferisce ad un principio enunciato nel 1965 da Gordon Moore, presidente della Intel, secondo cui, a parità di prezzo, la capacità di elaborazione dei microchip raddoppia ogni 18 mesi): ne deriva che le spiegazioni e le teorie sulle tecnologie digitali si sviluppano in quantità doppia rispetto alla diffusione effettiva delle tecnologie stesse tra i consumatori.

In anni recenti molteplici sono stati i contributi relativi ai nuovi media: alcuni in formulazioni strettamente legate a discipline specifiche, come ad esempio la sociologia [Van Dijk 1999], la psicologia [Riva 2004], la semiotica [Cosenza 2004]; altri di taglio più generale, sia nella forma del repertorio [Garassini 1999], sia nella forma della trattazione teorica [Pasquali 2003; Marinelli 2004].

In generale la tendenza è di estendere al massimo il campo dei nuovi media, raccogliendo e cercando di connettere problematiche anche molto diverse (dalla teoria dell'ipertesto al digital divide, dagli aspetti narrativi a quelli normativi, dalla storia delle reti alla varietà dei formati elettronici, alla realtà virtuale), allontanandosi così da quello che invece potrebbe essere - in uno scenario di riflessione matura - il compito dell'analisi e della ricerca: la separazione delle tematiche, la loro distinzione e definizione piuttosto che il loro accorpamento e sovrapposizioni.

1.1 Teorie di riferimento generale
I tre filoni principali che rappresentano al meglio lo stato attuale degli studi sui nuovi media possono essere così individuati:
  • un filone sociologico che culmina nell'opera di Manuel Castells, attento anche alle implicazioni economiche, alle dinamiche politiche, e agli aspetti sociali del networking;
  • un filone testuale-mediatico di ascendenza umanistica che conduce a David Bolter, attento a quelli che sono i prodotti effettivi del lavoro newmediale;
  • un filone linguistico-semiotico mirato soprattutto all'audiovisivo, con forti iniezioni tecnico-informatiche, che conduce a Lev Manovich.
Accanto a questi tre filoni ci sono altri campi di studio che possono portare utili
contributi.

1.1.1 La definizione della società postindustriale
In una ideale "cassetta degli attrezzi" va collocata innanzitutto la riflessione socioeconomica sulla dimensione postindustriale [Bell 1976], particolarmente in relazione alle problematiche legate all'accesso alle forme di comunicazione e partecipazione culturale [Rifkin 2000]. Le mutate condizioni di produzione nell'età contemporanea determinano una crescita del settore dei servizi - più tipicamente "immateriale" - e una serie di processi di globalizzazione e de/rilocalizzazione che trovano nelle reti telematiche e nell'universo dei nuovi media la forma comunicativa e
culturale più adatta al loro esplicarsi.

In particolare Jeremy Rifkin [2000: 223-224] opera una ulteriore distinzione all'interno del settore dei servizi, mettendo in rilievo come sarà proprio il comparto della produzione culturale ad assumere una particolare rilevanza:
La produzione culturale sarà il principale terreno di gioco per l'economia globale del ventunesimo secolo. Nell'era dell'accesso, la produzione culturale sale al primo livello della vita economica, mentre informazione e servizi scendono al secondo, la produzione al terzo e l'agricoltura al quarto.
Come si vede, l'evoluzione dello scenario economico-produttivo rappresenta uno sfondo necessario per collocare qualsiasi discorso sui nuovi media, in quanto essi si configurano sempre più come strutture di base e strumenti operativi destinati a svolgere un ruolo centrale nel cambiamento politico e sociale.

1.1.2 Il ruolo dell'innovazione tecnologica
In secondo luogo vanno considerati gli studi sull'innovazione tecnologica [Flichy 1995], naturalmente nella loro relazione con le dinamiche sociali. Per lo studio dei nuovi media resta - in questo ambito - sempre valido sullo sfondo il contributo di Thomas Kuhn [1962] con la nozione di paradigma scientifico come struttura forte di pratiche e di saperi, destinato ad essere abbandonato solo di fronte all'apparire e al consolidarsi di un paradigma alternativo.

In questo senso i nuovi media hanno avuto effettivamente un impatto "rivoluzionario" tanto nella organizzazione dei saperi quanto nelle priorità degli investimenti e della ricerca, aprendo la strada a campi di indagine e di applicazione che prima non erano prevedibili. Tuttavia è stato spesso notato come l'approccio kuhniano - anche per motivi oggettivi di datazione storica - risenta di una impronta ancora fordista, che emerge dalla visione fortemente strutturata dell'organizzazione dei campi del sapere; visioni più equilibrate e più flessibili, come appunto quella di Flichy, pur mantenendo la visione sistemica implicita nel concetto di salto di paradigma, affrontano invece la classica opposizione fra determinismo tecnologico e determinismo sociale nei termini di una negoziazione costante, tra l'altro più consona ai tempi di cambiamento rapido che
caratterizza questo comparto.

1.1.3 Il postmodernismo
Un altro punto di vista importante è quello rappresentato dalla composita galassia di studi e approcci che va sotto il nome di postmodernismo [Jameson 1987], caratterizzato da alcuni punti nodali come l'abbandono di una visione centrale nei processi culturali, il rifiuto dell'opera finita, la sfiducia nella gerarchia e l'attenzione per le aggregazioni dal basso.

Questi elementi sono parte costitutiva anche dei contributi di Landow [1997], il quale è di fatto tra i primi ad operare la saldatura tra le riflessioni filosofiche soprattutto europee di taglio decostruzionista - che conducono ad un approdo multiculturale - con le applicazioni letterarie, enciclopediche e didattiche legate alla sperimentazione degli ipertesti. In questo senso Landow resta una figura importante, in quanto è tra i non molti teorici dei nuovi media dalle cui pagine risulti evidente la confidenza con la tecnologia, il saper "mettere le mani sulla macchina" caratteristica che condivide sicuramente con Bolter e Manovich, ma con pochi altri.

1.1.4 I cultural studies
Inoltre in Landow è presente un altro tema importante, il postcolonialismo, che ci collega ad un altro campo di studi, quello dei cultural studies [Hall 1980; de Certeau 1990]. Anche in questo caso si tratta di una settore estremamente composito, dove però sono presenti alcuni tratti estremamente utili per accostarsi allo studio dei nuovi media.

Innanzitutto l'approccio dichiaratamente interdisciplinare, che cerca di mettere insieme competenze sociologiche, linguistiche, economiche, estetiche, ecc, ma senza perdere di vista l'identificazione dei media come campo unitario, da affrontare appunto con metodologie interdisciplinari, ma di cui va colta la funzione fondamentale di grande catalizzatore delle elaborazioni culturali contemporanee.

Un secondo elemento importante è l'attenzione per le subculture, soprattutto per quelle giovanili, molto spesso officina inconscia di spinte e tendenze destinate poi a manifestarsi nel corpo sociale, elemento questo di notevole importanza nello sviluppo dei nuovi media, dove spesso - ad esempio in maniera macroscopica nel caso dei videogiochi - sono state proprio le giovani generazioni a far filtrare nelle famiglie la consuetudine con le nuove tecnologie e il progressivo adattamento a nuovi schemi comportamentali e culturali.

Infine i cultural studies hanno riproposto una nuova consapevolezza politica dei rapporti di potere che attraverso i media (e di conseguenza i nuovi media) si creano e si replicano nella società.

1.1.5 La mediologia
La centralità dei media caratterizza anche un altro approccio, quello della mediologia, da considerare - più che come una disciplina vera e propria - come una modalità di osservazione del mondo culturale che attraverso i media sta progressivamente prendendo forma, e che si è sviluppata sulla scorta del recupero delle formulazioni anticipatrici di Benjamin, delle proposte di McLuhan, delle più recenti posizioni di Debray e di Abruzzese.

Quest'ultimo [2004] sottolinea la posizione marginale che un'ottica mediologica ha finora occupato soprattutto negli studi italiani, dove si è verificata una sopravvalutazione degli interessi orientati alla comunicazione informativa, e quindi alla pretesa comunicazione di verità,
puntando tutto
sul presupposto rovescio della fiction, su una comunicazione epurata da ogni sospetto di “artificio” e “manipolazione”, dunque sul recupero critico dell'informazione. Ancora oggi tutto ciò che sfugge a questa vocazione – intendo arti, letteratura, cinema, fiction televisiva, architettura, design, moda – resta pertinenza di altre tradizioni disciplinari.
In questo modo gli studi sui media hanno esaltato la loro valenza soprattutto politica, concentrandosi sul giornalismo cartaceo o televisivo, ma in questo modo hanno tralasciato aspetti come la fiction, le arti, la spettacolarità, che essendo più legati all'immaginario, alla modellazione dei comportamenti, alla creazione di sistemi di valori risultano in traltà più importanti per configurare ciò che risulta decisivo per una considerazione critica della cultura dei media. Secondo Abruzzese sugli studi mediologici italiani pesa il fatto di aver
in generi di massa (avere altresì perso di vista la de-generazione della fiction, finendo così per condividere implicitamente la sottovalutazione o la valutazione drasticamente negativa di questo settore dell’industria culturale da parte delle più tradizionali istituzioni del sapere, e al tempo stesso essere coinvolti nel novero di quanti, a giudizio di tali istituzioni, sono complici).
L'approccio mediologico cerca quindi di saturare questa mancanza per adottare una visione globale, completa, e contemporaneamente laica dei media, che esca da una prospettiva di demonizzazione (o di acritica esaltazione) per riconoscere il ruolo fisiologico e quindi imprescindibile che essi giocano nella costruzione sociale e culturale. E' quanto lascia intendere anche uno studioso come Niklas Luhmann [2000: 15], il quale pur nella complessità del suo approccio sottolinea l'ambigua centralità di quella che definisce la "realtà dei mass media":

Ciò che sappiamo della nostra società, e in generale del mondo in cui viviamo, lo sappiamo dai mass media.

Estendendo il discorso ai nuovi media, è importante questo recupero di una visione globale, sistemica, che adotti uno sguardo complessivo su un settore che ha senso solo nelle sue molteplici integrazioni. La disgregazione del campo dei media, la difficoltà a vederlo come campo unitario, sempre secondo Abruzzese [2004] deriva anche dalle paure dell'intellettuale, che ha finito per accettare
l’idea dei media come omologazione verso il basso. Un duplice stereotipo, etico e estetico al tempo.
Questa inadeguatezza, intrisa di sensi di colpa, ha finito per condurre l'intellettuale ad abdicare al compito di formulare una visione globale dell'universo mediatico. Un compito tanto più necessario, invece, nel momento in cui lo sguardo si allarga dai media ai nuovi media, dove i luoghi comuni sulla falsificazione e sulla scarsa affidabilità filtrano costantemente nei discorsi quotidiani, ma soprattutto dove - rispetto ai media tradizionali - il tasso di integrazione è ancora maggiore, dove la componente sistemica (moltiplicata dal peso della convergenza tecnologica) è fondamentale e costituisce l'unico piano di comprensione effettiva.

1.2 Teorie specifiche sui nuovi media
Nei discorsi sui nuovi media è molto presente una vulgata di derivazione tecnicoinformatica, che nel corso degli ultimi due decenni ha tentato di dare profondità storica a un settore in fondo bisognoso di legittimazione culturale. Questo processo è stato attuato soprattutto cercando di individuare i grandi padri tecnologici, gli anticipatori - a volte inconsapevoli - di uno scenario destinato ad assumere grande importanza nella vita sociale, ma il cui ruolo tuttavia andrebbe forse rivisto criticamente. Spostandosi verso la contemporaneità, invece, si può dire che già emergono alcune figure di studiosi che, per complessità di interessi e ampiezza di indagine, assumono valore esemplare.

1.2.1 Manuel Castells
L'opera di Castells è stata paragonata a quella dei massimi studiosi della realtà socioeconomica del Novecento, con una complessità di visione che ne fa uno dei punti di riferimento fondamentali per chi voglia accostarsi alle tematiche dei nuovi media. Qui sarà sufficiente accennare ad alcuni grandi temi, i quali hanno particolare attinenza con l'approccio mediatico che ci interessa. Castells infatti dedica molto spazio alle culture della rete intese come relazioni interpersonali e tra gruppi, all'interno di quello che definisce come informazionalismo, la nuova organizzazione economica basata sulla produzione di valore attraverso la generazione, l'elaborazione, la gestione e l'applicazione della conoscenza. Questa organizzazione economica basa il suo funzionamento sul networking, la possibilità di agire in rete garantita dalle strutture tecnologiche dell'ICT, e trova realizzazione in un nuovo spazio operativo, lo spazio dei flussi, contrapposto al tradizionale e statico spazio dei luoghi; lo spazio dei flussi è caratterizzato dalla estrema mobilità, flessibilità e decentramento delle relazioni economiche e culturali, e in esso trova così la sua collocazione la città globale, la riformulazione dello spazio urbano che da sempre costituisce uno degli interessi teorici e di ricerca di Castells.

In questo quadro Castells non dedica esplicitamente molto spazio alle problematiche legate strettamente ai media [1996: 379-434] in quanto soggetti di produzione strutturata; tuttavia il quadro complessivo che egli disegna consente di evitare uno dei più frequenti fraintendimenti che si accompagnano (potremmo dire quasi automaticamente) alle riflessioni sui nuovi media, e cioè che la frammentazione delle audience implichi la dissoluzione dei grandi soggetti di produzione mediatica. Come avremo modo di vedere più avanti, nella visione economico-informazionalistica di Castells il senso del potere economico e della sua capacità di adattarsi e riconfigurarsi è sempre ben presente, consentendo così al lettore di collocare con ancor maggiore
precisione la problematica mediatica all'interno delle mutate coordinate del quadro complessivo dei processi di comunicazione.

1.2.2 David J. Bolter
David Bolter porta un contributo di taglio più umanistico, con interessi vicini all'arte e alla letteratura, su cui tuttavia ha innestato un forte interesse per le tecnologie e per le problematiche mediatiche. Storicamente i tre contributi più importanti di Bolter (L'uomo di Turing, Lo spazio dello scrivere, Remediation) rappresentano anche tre diverse e ben distinte fasi della convergenza di studi umanistici e tecnologici:
  • il primo ha toccato l'impatto che il personal computer, soprattutto considerato come strumento di calcolo e di rappresentazione numerica, ha avuto sui processi di organizzazione mentale e culturale;
  • il secondo ha esaminato le modificazioni della scrittura, nel momento storico in cui di fatto le uniche applicazioni che il computer consentiva in ambito culturale riguardavano appunto i testi scritti;
  • il terzo tocca il problema della multimedialità e dei media, nel momento storico in cui l'evoluzione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione consentono al computer di diventare un terminale mediatico a tutti gli effetti, mettendo in secondo piano il suo essere uno strumento di calcolo e di lavoro.
Sulla base di una documentazione estremamente ampia, che presenta una serie di casi di estremo interesse, Bolter [1999] elabora la sua proposta teorica di rimediazione, partendo da un'intuizione di McLuhan [1964: 16]:
il "contenuto" di un medium è sempre un altro medium. Il contenuto della scrittura è il discorso, così come la parola scritta è il contenuto della stampa e la stampa quello del telegrafo. Alla domanda "Qual è il contenuto del discorso?" si deve rispondere: "E' un processo mentale, in se stesso non verbale".

Come si vede si tratta di una catena ininterrotta di traduzione e riformulazione, che consente a Bolter di garantire continuità ai processi di trasmissione culturale che avvengono attraverso i media, senza perdere tuttavia di vista il fattore innovativo che la riformulazione aggiunge: ogni volta che un romanzo viene trasposto in un film, oppure ogni volta che la trama di un film viene utilizzata per un videogioco, qualcosa rimane e qualcosa si modifica.

Il concetto di rimediazione risponde alla necessità di garantire una certa continuità alla tradizione culturale, ma contemporaneamente di storicizzare i fattori di cambiamento. Secondo Bolter infatti la rimediazione si attua nel corso di processi culturali concreti, realizzandosi volta per volta secondo due logiche diverse: quella dell'immediatezza e quella della ipermediazione.

Mentre la logica dell’immediatezza tende ad annullare il medium in quanto tale, puntando ad un effetto di realismo e a dare un'idea di presa diretta sulla realtà (come nella pittura figurativa, in molta fotografia, nelle riprese televisive in diretta, ecc.; o per i nuovi media, come dovrebbe accadere con la realtà virtuale), l’ipermediazione tende invece ad esibire e a sottolineare la presenza e il ruolo dello strumento tecnico di mediazione (come nelle opere dell'avanguardia artistica, dove si insiste sulla materialità delle pennellate, o si incollano oggetti alla tela; oppure nel teatro sperimentale, dove si lasciano gli attrezzi sulla scena; o ancora nei nuovi media è il caso dell'interfaccia a finestre, nata per dare l'impressione dell'immediatezza, ma che in realtà finisce per esibire la complessità dello strumento computer).

Di particolare interesse l'analisi che Bolter fa dei concetti rinascimentali di cornice e di prospettiva lineare, che nascono come artifici di ipermediazione, ma che poi sono diventati strumenti trasparenti che garantiscono la immediatezza, in quanto "non vengono più visti" dallo spettatore. Possiamo considerare che qualcosa di simile accade con la funzione "F11" della maggior parte dei browser, che consente di passare alla visualizzazione "schermo intero": è evidente il tentativo di passare da una dimensione ipermediata (finestra del browser) a una immediata (finestra del monitor); o, in altri termini, da una visione mediatica ad una immersiva, o ancora da una computerizzata a una "televisiva". Ma si tratta di un semplice artificio culturale e mentale, per cui semplicemente accade che la finestra del browser viene "vista", mentre quella del monitor no.

Si tratta di un'indicazione importante, in quanto consentirebbe di ridimensionare molte sopravvalutazioni della Realtà Virtuale come medium totalmente immersivo: per entrare
nella dimensione dei nuovi media non abbiamo infatti bisogno della realtà virtuale immersiva, ma piuttosto di un patto narrativo "laico" e disincantato, per cui nell'ipermediazione la cornice viene vista, mentre nell'immediatezza viene dimenticata. Ciò che importa è riconoscere la cornice come soglia percettivo-culturale, come confine che segna l'identità del prodotto mediatico configurato e accettato nella sua verità finzionale. Un oggetto mediatico deve rispondere alle caratteristiche di un "mondo possibile", costruito cioè con coerenza interna, di fronte al quale il fruitore sia disposto
ad attivare la "sospensione dell'incredulità": sono questi i parametri forti per cui l'esperienza mediata viene accettata e fatta funzionare all'interno del proprio sistema cognitivo.

1.2.3 Lev Manovich
Con Manovich [2000] siamo in presenza di un approccio più legato al computer (infatti nel suo testo lo studioso usa spesso l'espressione "cultura del computer"), visto come elemento centrale di un profondo rinnovamento che si basa sul riconoscimento del ruolo di "interfaccia culturale" [117] che esso svolge, in un ripensamento delle tradizionali dicotomie contenuto/forma e contenuto/medium nell'unica coppia contenuto/interfaccia.

In questa prospettiva è importante la distinzione fra simulazione, forma precipua della cultura del computer, e rappresentazione. La simulazione cerca di mescolare spazio fisico e spazio virtuale e non di separarli. Come esempio della simulazione può essere preso l'affresco o il mosaico, come esempio della rappresentazione il quadro rinascimentale post-albertiano. I primi creano uno spazio illusorio che comprende l'immagine e, cosa importante, sono strettamente legati al contesto architettonico. Invece la pittura di cornice è essenzialmente mobile: tolta dal muro può essere spostata ovunque. Ne deriva che l'interazione con un affresco o un mosaico consente la mobilità da parte dello spettatore, dal momento che la stretta connessione fra affresco ed architettura crea una continuità tra spazio reale e virtuale. Invece il quadro in quanto
mobile presuppone l'immobilità dello spettatore: l'imprigionamento dello spettatore è il prezzo per la mobilità del quadro [112].

Le implicazioni forti di questa distinzione poggiano sulla concezione, opposta a quella narrativa-espositiva, dello spazio navigabile come forma culturale, una concezione che esisteva da sempre ma che ha trovato nel computer la sua perfetta realizzazione [248]. Essa poggia su tre elementi correlati: il database come repertorio ordinato, l'algoritmo come gestore delle dinamiche di flusso, l'interfaccia 3D come strumento di interazione che consente il movimento dello spettatore.
  • la forma database [221] rappresenta infatti ormai la struttura portante della memoria culturale, l'architettura informativa che disaggrega quella memoria sequenziale, basata sulla linearità testuale, che finora garantiva la conservazione e la trasmissione della cultura;
  • la procedura algoritmica [222] rappresenta lo strumento sintattico che va a recuperare i dati contenuti nei database per costruire i discorsi e i flussi informativi con cui l'utente poi di fatto interagisce;
  • la grafica 3D [139-140], rappresenta non un semplice miglioramento rispetto a quella 2D, ma un nuovo paradigma cognitivo, basato sull'indipendenza e sulla modularità degli elementi che la compongono: rispetto ad una immagine fissa o ad un filmato, l'immagine in 3D non è costituita da una sequenza di informazioni che devono viaggiare nell'ordine prestabilito, ma è fatta di tanti oggetti separati gestiti dal software. Questo porta con sé una serie di implicazioni "culturali" di notevole portata: il progettista può facilmente modificare la scena in qualsiasi momento; l'utente può muovere, spostare, controllare gli oggetti presenti sulla scena; i singoli oggetti presenti sulla scena possono essere usati in altre situazioni; si ottiene efficienza nell'immagazzinamento e nella trasmissione degli oggetti newmediali, in quanto per trasmettere un normale video devono essere trasmessi tutti i pixel, mentre per trasmettere una scena in 3D basta trasmettere le coordinate numeriche degli oggetti contenuti. Il mondo dei giochi online, come tutte le simulazioni in rete, funziona così: prima vengono scaricati - una volta sola - sul computer dell'utente gli oggetti che serviranno per le scene, successivamente il server deve spedire solo le nuove coordinate che servono a muovere gli oggetti.
L'insistenza di Manovich sulla strutturazione del sapere in oggetti indipendenti è uno dei tratti più marcati della sua teoria: ad esempio quando sottolinea la differenza fra i normali formati video e il formato MPEG-7 [141], il quale funziona come una serie di canali indipendenti che possono trasportare oggetti diversi, più un linguaggio astratto di gestione che descrive la scena nel suo complesso e regola i rapporti tra gli oggetti. O quando descrive l'organizzazione fordista [326] come simile alla programmazione sequenziale, mentre la organizzazione culturale dei nuovi media si rifà alla programmazione ad oggetti, dove singoli elementi dotati di caratteristiche e metodi di accesso sono in grado di scambiarsi messaggi operativi.

In questo senso il lavoro di Manovich rappresenta un contributo fondamentale, in quanto obbliga anche lo studioso umanista a rivolgere lo sguardo sotto la superficie di ciò che appare nei nuovi media, affrontando il problema delle tecniche e dei linguaggi che gestiscono ciò che appare. Il principale contributo di Manovich è probabilmente l'invito a riflettere sul fatto che la vera novità culturale dei nuovi media non sta a livello di percezione superficiale dei testi, ma a livello di comprensione dei principi dell'organizzazione sottostante.